Anima forma sostanziale del corpo
Intelligenza umana e intelligenza artificiale
Seconda parte (/2)
L’anima appare dunque come soggettata nel corpo, benché sia il fondamento e il principio vitale del corpo. Tuttavia io dico: io ho un’anima, come se l’anima fosse nell’io, come se fosse in me, mentre propriamente parlando – andando anche qui contro il sentire o apparire comune - dovrei dire: io sono, sussisto, esisto in un’anima e in forza di un’anima, la mia anima. Il mio io profondo è alla radice del me che percepisco fisicamente nella mia autocoscienza.
Questo vuol dire che facciamo fatica a parlare della dignità dello spirito e ne parliamo in qualche modo materializzandolo, concependo l’anima come un corpo nucleare più piccolo all’interno del corpo materiale. Invece l’anima con le sue facoltà spirituali travalica infinitamente le dimensioni ristrette del nostro corpo, trascende lo spazio e il tempo, da essi astrae e attinge all’eterno, all’Assoluto, a Dio purissimo Spirito.
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Anima dice interiorità; corpo dice esteriorità. Per conoscere un’anima bisogna scrutare nell’intimo di una persona. Invece il nostro contatto superficiale con qualcuno è solo quello fisico. La mia anima me la sento come qualcosa di intimo, che io stesso non riesco a sondare a fondo. Il mio corpo è immediatamente presente ai miei sensi; lo vedo in qualche modo esterno a me stesso, nello spazio.
Il corpo certo non è come un vestito che copre l’anima, sicchè io potrei cambiare corpo come cambio un vestito, come credono i reincarnazionisti, no: ad ogni anima corrisponde quel dato corpo così come ad ogni vista corrisponde quel dato paio di occhiali o come le due metà di un sasso spezzato si corrispondono esattamente. E questo perché? Appunto perché corpo e anima formano quel dato individuo e non un altro.
Rahner ha una concezione dell’unione dello spirito col corpo simile a quella di Teilhard. E notiamo inoltre che la metafisica idealista, per quanto da una parte dissolva la materia nell’essere pensato, dall’altra, apre la porta anche a una concezione materialistica del pensiero, se è vero che per lui il pensare s’identifica con l’essere e questi comprende anche l’essere materiale.
Del resto si nota in Rahner la stessa ripugnanza a concepire la stessa possibilità di un’anima separata, l’anima del defunto che continua a sussistere dopo la morte. E per sostenere l’impossibilità di una separazione dell’anima dal corpo non esita a contraddire al dogma dell’immortalità dell’anima sostenendo che con la morte l’uomo tutto muore e tutto risorge. In un momento di eccezionale fervore monistico arriva a dire che l’anima è il corpo allo stato liquido e il corpo è l’anima allo stato solido.
Immagine da Internet: Canova
Molto confusa la.posizione, da un lato critica il documento dall'altro dice che è Magistero. Non si capisce.
RispondiEliminaCaro Remo,
Eliminail mio commento al documento del Magistero ha lo scopo di interpretarlo in modo da evitare dei fraintendimenti per il fatto che la terminologia non è sempre chiara, per cui chi legge può essere tentato di concepire la persona umana non come il risultato della composizione di due sostanze incomplete, ossia il corpo e lo spirito come insegna il Concilio Lateranense IV del 1215, che ho citato, ma, rifiutandosi di usare il termine “parte” per indicare i due componenti del composto umano, rischia di fare in modo che il lettore non capisca l’insegnamento del Concilio.
Il Documento è preoccupato di evitare il dualismo cartesiano, per il quale l’uomo sarebbe la congiunzione di due sostanze, il corpo e lo spirito. Ma in Cartesio non si capisce come da queste due sostanze ne venga fuori una sola, che è la sostanza o natura umana composta di anima e di corpo.
Allora io, per andare incontro a questa giusta esigenza del Documento di evitare il dualismo cartesiano, ho ricordato un altro dogma antropologico definito dal Concilio di Viennes del 1312 e cioè che l’anima umana non è uno spirito completo come l’angelo, ma è la forma di una materia, e peraltro una forma capace di sussistere da sola, anche senza la materia ossia anche dopo la morte del corpo. Si tratta dell’immortalità dell’anima, che è stata definita dal Concilio Lateranense V del 1513.
Per capire quindi il Documento del DDF occorre fare riferimento a questi dogmi per evitare il rischio di interpretare la persona umana non come un tutto, dove lo spirito è distinto dal corpo, ma come un qualcosa dove il corpo è ridotto allo spirito (idealismo) oppure lo spirito è ridotto al corpo (materialismo).
Se quindi lei legge attentamente quanto ho scritto, io non faccio nessuna confusione, ma al contrario porto chiarezza ed aiuto il lettore a capire che cosa il DDF ha inteso veramente insegnare.