Il Papa e la guerra Da Fatima a Kiev e Mosca (2) (3) (4) (2) Il Papa e la guerra/La prima posizione del Papa (2) Giovanni Cavalcoli
Per questo, io credo, il Papa ha definito questa guerra una «pazzia», ossia un conflitto dove purtroppo né da una parte né dall’altra brilla il lume della ragione e gli animi sono presi dall’odio, dalla violenza e dalla crudeltà, benché esistano vittime innocenti da ambo le parti. Continua a leggere: https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzGmvVBnWwxwGRLWvfwkvlzWrWJL (3) Il Papa e la guerra/La questione della guerra giusta (3) Giovanni Cavalcoli Nel suo recentissimo messaggio al Patriarca Cirillo, Papa Francesco ha chiarito la sua posizione nei confronti della presente guerra. Ha ribadito la sua tesi che non esiste una guerra giusta. Ma bisogna capire che cosa intende il Papa con la parola «guerra». Continua a leggere: https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzGmvfRccrMlKMXBgskQPLlsjlbb (4) Il Papa e la guerra/Due guide nella tempesta (4) In questo turbine che oggi ci sconvolge di fatti tragici, di messaggi contradditori e confusi, di accuse reciproche, in un incrociarsi tumultuoso e discordante di interventi di politici, di militari, di pubblicisti e di capi di Stato, che si accavallano tumultuosamente, nell’ansia di ciò che può accadere da un momento all’altro, tanto che ci sembra di essere precipitati in un girone dell’inferno dantesco, due figure religiose emergono luminose a parlarci nel nome di Cristo: Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Cirillo. Continua a leggere: https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzGmvfRfLRCQKLRwBnrNpTwhflbg
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23 marzo, 2022
Il Papa e la guerra/ Da Fatima a Kiev e Mosca (2) (3) (4)
20 marzo, 2022
Il Papa e la guerra/ Da Fatima a Kiev e Mosca (1)
Il Papa e la guerra
Da Fatima a Kiev e Mosca (1)
Il Papa e la guerra/ Da Fatima a Kiev e Mosca (1)
Giovanni Cavalcoli
Il prossimo 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione di Maria, il Papa, su richiesta dei Vescovi dell’Ucraina, consacrerà l’Ucraina e la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Questo atto di grande rilievo del Santo Padre appare alquanto significativo ed opportuno in questi giorni nei quali il mondo è in ansia per il timore di un peggioramento del conflitto e il nostro cuore è straziato per la morte, le sofferenze e le crudeltà patite da tanti cittadini ucraini inermi, che vedono distrutte le loro case da ordigni bellici e si vedono costretti ad emigrare all’estero in condizioni di estremo disagio ed incertezza del futuro.
Da: https://aurelioporfiri.substack.com/
- https://aurelioporfiri.substack.com/p/il-papa-e-la-guerra-da-fatima-a-kiev?s=r
13 marzo, 2022
Dignità e limiti del pensiero - Quarta Parte (4/4)
Confusione fra pensiero in generale e pensiero divino
L’idealista dichiara di parlare del pensiero «in senso metafisico» descrivendolo però con caratteristiche proprie del pensiero divino. Ma ecco che poi egli passa ad attribuire al proprio pensare queste caratteristiche. Parla del pensiero, ma lascia capire che si riferisce al suo pensiero. Occorre scoprire - dice un idealista - la solitudine del pensiero, che chiude in sé tutto. Nel guardare dentro noi stessi noi scopriamo la dimensione solitaria e onninclusiva del pensiero. Ciò che è solo non manca di nulla. L’atto del pensare è intrascendibile. Non c’è un fuori del pensiero. Il pensiero come atto o il pensare è l’estensione infinita dell’essere. Il pensiero e l’essere sono la stessa cosa.
L’idealista non parte da una nozione generale del pensiero veramente metafisica, come presenza dell’ente alla mente o come atto per il quale la mente conviene intenzionalmente con ogni cosa, distinguendo tra pensiero umano e pensiero divino, ma, come abbiamo visto, definisce il pensiero che chiama «metafisico» nei termini del pensare divino, cosicchè, quando si tratta di definire il pensare umano, egli non ha altra scelta: o identificarlo col pensare divino, dove non c’è un dentro e un fuori, oppure avvilirlo e degradarlo su di un piano meramente psicologico sensitivo o cosmologico, il che comporta effettivamente il dentro e il fuori del pensiero, ma su di un piano rozzamente ed esclusivamente spaziale.
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San Tommaso d'Aquino |
Vi sono idealisti che, per sostenere la loro tesi della precedenza del pensare rispetto al conoscere, pretendono di utilizzare addirittura la dottrina di San Tommaso, quando, se c’è un filosofo che spiega chiaramente come il pensare ha origine dal conoscere, questo è proprio San Tommaso.
Ora, come si sa, l’Aquinate spiega l’attività conoscitiva con la funzione dell’intelletto agente,
che è l’intelletto in quanto, illuminando le immagini tratte dai sensi, evidenzia la loro intellegibilità in modo tale che il medesimo intelletto, nella sua funzione illuminante, astrae l’essenza universale intellegibile della cosa, (quidditas rei materialis), dal concreto dell’individuale percepito dal senso,
mentre l’essenza viene colta dall’intelletto ricevente o «possibile», il quale pertanto è l’intelletto nella sua funzione propriamente conoscitiva.
L’intelletto agente, dunque, non conosce, ma fa conoscere.
Per San Tommaso l’intelletto agente è la condizione d’intellegibilità dei contenuti intellegibili sensibili, è la luce che li rende visibili. Questa condizione non è fondamentalmente l’essere, ma è la luce che permette di vedere l’essere. L’intelletto agente, quindi, non coincide affatto con l’essere. Per cui non è affatto vero che nell’intelletto umano pensiero ed essere si identificano.
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12 marzo, 2022
Dignità e limiti del pensiero - Terza Parte (3/4)
Conoscere e pensare
Un errore dell’idealista è l’inversione del rapporto conoscere-pensare, conoscenza-coscienza. Pensare e conoscere sono indubbiamente entrambi atti intenzionali dell’intelletto aventi per oggetto un intellegibile. Oggetto del pensare, però, è il semplice possibile, giacchè l’impossibile o contradditorio è impensabile.
Oggetto del conoscere o sapere è invece il reale, l’esistente. In realtà non è il conoscere che deriva dal pensare, quasicchè questo afferrasse l’essere in modo originario, ma è il pensare che deriva dal conoscere, perché il primo contatto con l’essere è dato dal conoscere e precisamente dal contatto con l’essere delle cose sensibili.
È solo dopo questo contatto iniziale con l’essere concreto e materiale che si apre al nostro intelletto l’orizzonte infinito dell’essere, per il fatto che l’intelletto si accorge che il suo oggetto principale, al di là di questo ente particolare ed empirico, è l’essere come tale. E puntando l’attenzione su di esso e, vedendolo causato, s’accorge che l’oggetto ultimo e supremo dell’intelletto è la conoscenza dell’essere assoluto, Dio.
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ontanellato, 8 marzo 2022
Gustavo Bontadini |
Gustavo Bontadini ha detto che «l’idealismo è inconfutabile». Si è sbagliato.
Infatti San Tommaso, benché sia vissuto in un tempo nel quale l’idealismo non esisteva ancora, ebbe, nel suo genio profetico, l’intuizione dell’essenza dell’idealismo e distrusse questa mostruosità del pensiero in poche battute, come Davide che uccise Golia. Egli fece la semplice osservazione che prendere per oggetto della conoscenza non le cose ma le idee (species) delle cose conduce ad insanabili contraddizioni. Egli fa leva su due argomenti: primo, se l’idealismo fosse vero, le scienze non sarebbero scienze del reale, ma delle nostre idee; secondo, ne seguirebbe il soggettivismo: il fatto che A sembri a me B e a te non-B porterebbe la conseguenza che A è simultaneamente B e non-B, il che è assurdo.
La verità ontologica è indubbiamente il fondamento reale della verità gnoseologica o del giudizio, ma la ragione di verità, ossia l’adaequatio suppone il rapporto del pensiero con l’essere e non il semplice essere, che in tal modo viene ridotto a pensiero.
Il trascendentale continua ad essere la proprietà dell’io penso o dell’autocoscienza cartesiana, cosicchè tutto diventa l’io, lo spirito, la coscienza e il pensiero e non vi è più posto per l’essere materiale, disprezzato ed emarginato nell’apparenza e nell’illusione, salvo poi il verificarsi della vendetta della materia con le attuali teorie della interpretazione cibernetica del pensiero (la cosiddetta «intelligenza artificiale»), o la confusione fra neurologia e gnoseologia o il ritorno della vecchia teoria positivista del pensiero come emanazione del cervello o l’assimilazione del pensare al funzionamento di macchina.
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11 marzo, 2022
Dignità e limiti del pensiero - Seconda Parte (2/4)
Dall’idealismo allo gnosticismo
Alla luce dell’insegnamento del Papa sullo gnosticismo, risulta naturale ed utile continuare a fare attenzione al vecchio idealismo trascendentale tedesco, ma con un occhio particolare al rinato gnosticismo, che costituisce l’ambizione di fondo dell’idealismo, che ha avuto il suo culmine in Hegel, il quale con la sua tesi della «scienza assoluta», è la proposta gnostica più seducente nel nostro tempo.
Limitarsi alla denuncia dell’idealismo oggi è dunque ancora troppo poco, benché sia sempre utile, perché l’idealismo continua ad ingannare i filosofi; e se inganna i filosofi, figuriamoci la gente comune. Infatti, benché l’idealismo sia contrario al senso comune ed appaia ad esso una pazzia, tuttavia gli idealisti sono così astuti da far apparire il comune buon senso un’ingenuità per non dire un’illusione, persuadendo con sottili sofismi, che hanno l’apparenza della genialità, che la sapienza sta nel rendersi conto che le cose non esistono al di fuori di noi indipendentemente da noi, ma sono prodotti del nostro pensiero.
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La tentazione gnostica è quella di invaghirsi narcisisticamente e di inebriarsi della stupenda e meravigliosa facoltà di pensare per confidare eccessivamente nella forza del proprio pensiero.
Il pensare trascende tempo e spazio e si apre all’universale, allo spirituale, alla totalità, all’eternità. Oltrepassa ogni limite e si apre all’infinito. «Infiniti spazi nel pensier mi fingo». Il pensiero è come un uccello, spicca il volo, si libra nell’aria senza appoggi materiali, lascia la terra e vola in cielo. Per questo l’angelo ha le ali Il pensiero, come dice Giuseppe Verdi, ha le «ali dorate». Il pensare ci rende grandi, magnanimi, giganti, immortali.
È impossibile un pensare separato da qualcosa che viene pensato. Il pensiero è distinto dall’essere, che ne è l’oggetto; ma nel contempo ne è strettamente relazionato, tanto che o si pensa un oggetto o non si pensa affatto.
Il pensiero può avere se stesso per oggetto, ma solo perché il pensiero pensato diventa un oggetto, oggetto del pensiero.
A differenza del pensiero divino esistente ab aeterno, il pensare umano conosce interruzioni e riprese, uno svolgimento, uno sviluppo, un’evoluzione, ha una storia. Avanza e retrocede nel tempo, a differenza del pensiero divino, che è tutto attualissimo in un istante, atto eterno, certissimo e fermissimo, luce infinita, immutabile e sconfinata, onnicomprensivo, onnipervadente, onnipenetrante, onniavvolgente e senza origine e senza fine.
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10 marzo, 2022
Dignità e limiti del pensiero - Prima Parte (1/4)
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo
Sal 130,1
L’avanzata dell’idealismo
Assistiamo oggi in campo teologico ad un forte ritorno di idealismo, che, sotto pretesto del progresso della teologia promosso dal Concilio Vaticano II, riprende l’equivoco progetto modernistico già a suo tempo condannato nella Pascendi di San Pio X.
Che cosa è esattamente l’idealismo? Lo dice la parola stessa: è l’anteporre l’idea alla realtà, il credere che il reale non ci sia dato prima e indipendentemente dalle nostre idee, ma che esse siano e debbano essere il principio del reale. Quindi il sapere non è dato dall’adeguare le nostre idee a una realtà esterna a noi, ma consiste nella presa di coscienza che siano noi, come Io assoluto o Idea assoluta o Pensiero assoluto (gnosi), a porre sia il reale che le nostre idee ad esso conformi. L’idealismo fu condannato da San Pio X nell’enciclica Pascendi sotto il nome di «immanentismo» e da Pio XII nell’enciclica Humani Generis del 1950.
L’idealismo sostiene fondamentalmente l’identità dell’essere col pensare o, come diceva Schelling, dell’ideale col reale o, come diceva Hegel, del razionale col reale; sicchè, sempre secondo Hegel, la cosa s’identifica col concetto della cosa, la metafisica s’identifica con la logica, per giungere oggi a Rahner, per il quale la gnoseologia s’identifica con la metafisica con l’antropologia con la cristologia e con la teologia. Tutto è uno perchè tutto è Dio. E abbiamo il panteismo.
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Papa Francesco ha più volte denunciato l’avanzata dell’idealismo, consistente, come egli dice, nella negazione del primato della realtà sull’idea.
Papa Francesco, oltre a riprendere la tradizionale condanna dell’idealismo, ha avuto la felicissima ed opportunissima idea pastorale di condannare anche lo gnosticismo, cosa finora mai fatta dal Magistero pontificio.
Quello che affascina i moderni nel pensiero idealista è l’apparenza di essere un pensiero critico, che supererebbe l’ingenuità del realismo medioevale. Sarebbe la cosiddetta «filosofia moderna» nata da Cartesio, la quale tutti noi oggi, a sentire gli idealisti, oggi i modernisti, dovremmo accogliere per essere «moderni», così come oggi usiamo il trattore e non più l’aratro, l’automobile e non più il calesse, l’aereo e non più la nave a vela, i capelli naturali e non più la parrucca.
L’idea per Cartesio non è più ricavata dalla realtà esterna, come per Tommaso, ma è la realtà che è affermata in base all’idea, che quindi diventa l’oggetto primo dell’intelletto al posto dell’ente esterno. Da qui il termine «idealismo». E ciò vale per conseguenza anche per la questione dell’esistenza di Dio.
La dottrina della creazione suppone l’accettazione del principio di causalità efficiente e motrice, e quindi la distinzione dell’ente in potenza ed atto, nonché materia e forma. Invece l’idealismo pretende di spiegare il divenire e la storia con semplici schemi gnoseologico-logici, per esempio l’essere-apparire in Severino, la dialettica in Hegel. La creazione, per loro, non è altro che l’essere che appare come empiria o l’essere dialettico che si fa storia.
08 marzo, 2022
La missione del sacerdote - Terza Parte (3/3)
La missione del sacerdote
Terza Parte (3/3)
La svalutazione dell’ideale sacerdotale proviene da Lutero
Lutero racconta che alla sua prima Messa fu preso da una tale angoscia e da un tale spavento che avrebbe voluto fuggire dall’altare. Come mai? Di lì a pochi anni avrebbe respinto il sacramento del sacerdozio come invenzione papista, azione magica e masochista, mancanza di fede in Cristo, legalismo farisaico, ipocrita esibizione di santità, occasione per dominare le coscienze, sorgente di guadagni simoniaci, inutile freno alla concupiscenza.
Lutero aveva un ambiguo rapporto col demonio. Da una parte lo cacciava come tentatore. Chi visita la cella del castello della Wartburg che ospitò Lutero, può notare ancora sulla parete una macchia di inchiostro del calamaio, che Lutero lanciò contro il diavolo che gli era apparso e lo tentava. Nell’accingersi a presenziare alla famosa dieta di Worms, dove avrebbe difeso le sue idee, Lutero raccontò che ci fossero stati là anche 10.000 diavoli, egli non aveva paura.
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Lutero ha diffuso nella Chiesa un’immagine del ministro di Cristo e del Vangelo, che non è quella del vero sacerdote o diciamo schiettamente non è quella del sacerdote, ma del «pastore», immagine che certamente Cristo si attribuisce, mentre è vero che non dice mai di essere sacerdote. E difatti non lo era secondo il sacerdozio dell’antica Legge.
È solo riflettendo a ciò che aveva fatto e detto all’ultima Cena, messo in relazione alla crocifissione del giorno dopo e con alcune frasi misteriose, che aveva pronunciato, come per esempio sul dare la propria vita in riscatto di molti, sulla necessità di portare con lui la propria croce, sul fatto che sarebbe stato «elevato da terra» e che era stato chiamato da Giovanni «Agnello di Dio».
È solo mettendo assieme tutti questi elementi e questi ricordi che gli apostoli si accorsero che Gesù era stato sacerdote, ed anzi in maniera somma, unica, perfettissima ed efficacissima in ordine all’offerta al Padre di un sacrificio veramente a Lui gradito, atto ad ottenere per tutta l’umanità il perdono, la salvezza e la vita eterna.
Lutero ebbe la felice idea di mettere in luce il sacerdozio comune dei fedeli fondato sul battesimo. La proposta di Lutero è stata accettata dal Concilio Vaticano II con la precisazione, trascurata da Lutero, che quel sacerdozio è distinto «non solo per grado, ma anche per essenza» dal sacerdozio fondato sul sacramento dell’Ordine, detto sacerdozio ministeriale od ordinato. Inoltre il Concilio ha precisato che il sacerdozio dei fedeli è rafforzato dal sacramento della cresima, notoriamente ignorato da Lutero.
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07 marzo, 2022
La missione del sacerdote - Seconda Parte (2/3)
La missione del sacerdote
Seconda Parte (2/3)
Chi è il sacerdote?
Nostro Signore Gesù Cristo ha istituito il sacramento dell’Ordine all’ultima Cena, quando ha incaricato gli apostoli con a capo Pietro di fare quello che aveva fatto nell’istituire il sacramento dell’eucaristia, creando quindi un legame indissolubile fra sacerdozio ed eucaristia, fra sacerdozio e Messa.
Cristo aggiunse poi il comando di predicare il Vangelo a tutte le genti, guidando l’umanità alla pienezza della verità con l’assistenza dello Spirito Santo e, garantendo la sua assistenza fino alla fine del mondo, concesse loro di essere «pescatori di uomini» e il potere di scacciare i demòni e di rimettere i peccati nel sacramento della penitenza.
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Cristo istituì il sacerdozio nella sua pienezza, ossia l’episcopato. Ma già dal sec. II con Sant’Ignazio d’Antiochia vediamo apparire i tre gradi dell’Ordine: episcopato, presbiterato, diaconato, circa i quali Ignazio ci assicura che furono voluti da Cristo stesso. Per questo il Concilio di Trento ha definito dogmaticamente questa tripartizione.
Si deve distinguere il diaconato come preparazione al presbiterato dal diaconato permanente, conferibile ai laici, anche sposati.
Da circa 50 anni alcuni teologi negano che il sesso maschile appartenga all’essenza del sacerdozio, per cui sono favorevoli al sacerdozio della donna. Ma i Sommi Pontefici San Paolo VI e San Giovanni Paolo II e più recentemente lo stesso Papa Francesco hanno ribadito più volte la dottrina tradizionale che il soggetto proprio del sacramento dell’Ordine è l’uomo maschio.
I primi due Papi hanno chiarito che le cose stanno così perché Cristo ha voluto così, per cui essi fanno riferimento a un dato di fede. Ciò non toglie che questa disposizione del Signore possa essere sostenuta da argomenti di convenienza.
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06 marzo, 2022
Scambio di lettere fra il Papa e il Card. Müller su Sant’Ireneo, critico dello gnosticismo
Scambio di lettere fra il Papa e il Card. Müller
su Sant’Ireneo, critico dello gnosticismo
Pubblichiamo questo interessante scambio di lettere, che ci mostra l'urgenza e l'importanza di trattare seriamente ed approfonditamente del problema dello gnosticismo, il quale, come ho dimostrato in miei recenti articoli, è la forma più insidiosa e pericolosa di modernismo, che ha una sua espressione peculiare nella teologia di Rahner.
L’occasione per trattare dello gnosticismo è stata offerta dalla recente proclamazione del Santo Padre di Sant’Ireneo come Dottore della Chiesa. Infatti è noto che Sant’Ireneo è rimasto famoso in modo particola come grande avversario dello gnosticismo.
Prossimamente pubblicherò una ampia descrizione della concezione gnostica del pensiero, la quale prende le mosse dai temi di fondo dell'idealismo tedesco, il quale, come è stato dimostrato dalla critica filosofica e dalla storia, conduce a una pericolosa forma di panteismo pseudocristiano, già denunciata da San Pio X nella famosa enciclica Pascendi.
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05 marzo, 2022
La missione del sacerdote - Prima Parte (1/3)
La missione del sacerdote
Prima Parte (1/3)
Fate questo in memoria di Me
Dedicato a Sua Ecc.za Rev.ma
Mons.Enrico Solmi, Vescovo di Parma
Una formazione inadeguata
L’attuale scarsità di giovani interessati a farsi sacerdoti e un certo numero di sacerdoti, che per vari aspetti non osservano adeguatamente i loro doveri sacerdotali dipendono dal fatto che si è diffusa una concezione errata o non sufficientemente alta del sacerdozio, che indirizza il giovane per una via sbagliata oppure una via che manca di quell’attrattiva che invogli e spinga il giovane ad abbracciare la vita sacerdotale, disposto ad affrontare tutta la disciplina, le rinunce e i sacrifici che richiede.
Si chiede al giovane di affrontare tutti questi sacrifici e rinunce senza fornirgli un motivo sufficiente perché egli si senta giustificato a farli. Cioè non si mostra al giovane la maggiore bellezza della vita sacerdotale rispetto a quella laicale o matrimoniale. In questo caso anche il giovane che ha la vocazione, non la sente perché non gli si fa prender coscienza di averla e non gli si mostra la superiore bellezza. Viceversa il giovane che ha la vocazione la scopre solo se gliela è presentata in tutta la sua verità, attrattiva e bellezza.
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Il Concilio ha presentato il sacerdote come l’uomo della vita e della morte: ecco il battesimo e i funerali, l’inizio e la fine nella luce di Dio.
È l’uomo che ha dimestichezza e tratta con la vita e con la morte. È l’uomo della grazia e del peccato, della sofferenza e della gioia. È l’uomo del perdono e della giustizia. È il maestro che insegna, il padre che ha pietà, il medico che guarisce, il giudice che distingue lo Spirito Santo dal demonio, le pecore dai capri, il grano dal loglio.
Alcuni esegeti filoprotestanti e modernisti hanno fatto credere a molti che la concezione dell’uomo, come composto di spirito e corpo, non corrisponderebbe alla concezione biblica che presenta un’immagine unitaria dell’uomo, ma alla concezione propria del «dualismo greco».
Ne è venuta la conseguenza di sostituire in nome di una pretestuosa «spiritualità biblica» il ragionamento con l’intuizione, il concreto all’astratto, l’esperienza al concetto, il singolare all’universale, il contatto immediato con l’oggetto al contatto mediato rappresentativo, dell’intelletto con l’immaginazione, l’emozione e l’affettività sensibile alla volontà, il piacere all’amore.
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02 marzo, 2022
Da che cosa nascono le guerre?
Da che cosa nascono le guerre?
La duplice inclinazione dell’uomo
La guerra è un fenomeno umano collettivo ricorrente molto complesso, che presenta nella storia una ricca fenomenologia, e che di volta in volta dev’essere spiegato e valutato con prudenza e saggezza, sulla base di buone informazioni, e facendo uso di buoni criteri di giudizio, con un grande sforzo di obbiettività ed imparzialità, rimuovendo passioni e pregiudizi e qualsiasi forma di odio, aggressività, prepotenza, rivalsa, spirito di parte, interessi meschini, violenza, viltà, doppiezza, falsità, opportunismo, codardia.
La Scrittura c’insegna che nell’uomo preso come collettività esistono due tendenze, una buona e una cattiva: esiste una tendenza alla socialità, alla fraternità, alla coesistenza pacifica, alla solidarietà e alla collaborazione reciproca, all’amicizia, alla comunione.
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Un’ultima parola sul tema della pace. Essa è un bene personale e sociale sommo ed assoluto, è armonia e tranquillità interiore, prima di essere il sommo bene della società.
La guerra, quando è giusta, è
finalizzata ad ottenere la pace. La pace è effetto della verità, della
riconciliazione, della giustizia e dell’amore. È fonte di libertà, di felicità
e di gioia.
La pace è impossibile senza l’obbedienza a Dio e l’unione con Dio.
La pace è fine a stessa.
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