06 settembre, 2025

Il pensare umano e il pensare divino - Quarta Parte (4/4)

 

Il pensare umano e il pensare divino

Quarta Parte (4/4)

 

Il pensare umano

Diciamo inoltre che il pensiero umano è fallibile. Se il pensiero coincidesse con l’essere, l’errore, il falso, il peccato e la menzogna non esisterebbero e non potrebbero esistere, il che è appunto ciò che avviene in Dio, pensiero ed essere sussistenti e per conseguenza infallibilità, veracità e bontà infinite.

Ma in noi, feriti dal peccato originale, le cose vanno ben diversamente, perchè il nostro pensare è distinto dall’essere e dal reale esterno. Da qui la loro possibile contrapposizione e l’esistenza di tutti quei mali che invece solo noi possiamo compiere. Per noi infatti il reale è presupposto al nostro pensare ed è la regola del nostro pensiero. Ma noi, a causa di questa sciagurata possibilità di disaccordare il pensiero dall’essere, abbiamo la possibilità di non adeguare il pensiero all’essere, di prender per vero ciò che é falso e di dire il falso facendolo passare per vero. Da qui il falso, l’errore e la menzogna con ogni sorta di male morale e di malvagità. 

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L’inganno fondamentale dell’idealismo consiste quindi nel dare all’uomo l’illusione che il suo pensare sia come quello di Dio, ossia un pensare che non è atto di una facoltà di pensare, ma che costituisce il nostro stesso essere, per cui io mi concepisco come pensante in atto, come res cogitans, quindi non come una natura o sostanza che può pensare o ha la facoltà di pensare, ma come soggetto pensante ed anzi autocosciente in atto. 

Dire che nulla cade fuori del pensiero vale solo per il pensiero divino, non per il nostro. In Dio infatti il pensiero coincide con l’essere, per cui è chiaro che in lui c’è tutto. Ma noi non siamo i creatori delle cose. Noi le troviamo già create da Dio e quindi fuori di noi.

Ricordiamo allora che la nostra autocoscienza è creata e non è creatrice. E se vogliamo trovare il suo fondamento, la sua origine e la sua causa, dobbiamo trascenderla, andare e guardare oltre i suoi confini, come ci esorta Sant’Agostino. Essa è finita e quindi trascendibile. Se vuol trovare la sua origine, che è Dio, essa deve trascendersi per tendere e giungere là dove «ipsum lumen rationis accenditur». 

Non si tratta di una presa di coscienza di qualcosa - Dio - che è già originariamente nella coscienza e oggetto inconscio o preconscio della coscienza, ma di arrivare a conoscere e a vedere il sommo ente extracoscienziale, Dio, come causa e creatore delle cose e del proprio io, partendo dalla conoscenza delle cose esterne e di se stessi. 

Immagine da Internet: Sant'Agostino, Pavia

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