25 settembre, 2025

Da Cartesio a Fichte. La confusione fra l’io umano e l’io divino - Parte Seconda (2/4)

 

Da Cartesio a Fichte

La confusione fra l’io umano e l’io divino

Parte Seconda (2/4) 

 

La problematica cartesiana

Notiamo a questo punto che avendo Cartesio raggiunto, come conseguenza del cogito, la convinzione di esistere egli soltanto, egli si vede obbligato a dimostrare, in base al cogito, l’esistenza di tutto ciò che non è lui ed è fuori di lui, cosicchè per dimostrare l’esistenza di Dio, invece di seguire il normale procedimento induttivo di passare dagli effetti creati alla causa prima creatrice, ricorre ad una supposta idea innata di Dio. Dopodiché dimostra l’esistenza della realtà esterna in forza della veracità divina che gli garantisce che le idee sono conformi alle cose.

Sono evidenti il capovolgimento del processo conoscitivo e il circolo vizioso: per dimostrare che Dio esiste parte dall’idea di Dio, la quale suppone che già si sappia che Dio esiste. Sono solo gli angeli che hanno l’idea di Dio infusa da Dio nella loro mente. Noi ricaviamo l’idea di Dio per induzione, per negazione, per analogia e per eminenza dall’esperienza delle cose. 

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Il fatto è che Cartesio, nonostante il suo apparente impegno nel ragionare, non ha un concetto giusto di ragione. Una ragione come quella di Cartesio, che funziona autonomamente o «a priori» senza essere fondata sull’esperienza sensibile non esiste. O sembra una brutta copia dell’intelletto angelico.


L’interiorismo agostiniano può apparir simile all’idealismo cartesiano, perché in entrambi vediamo un moto riflessivo dell’intelletto dall’esterno all’interno. Tuttavia mentre in Agostino io, una volta entrato in me stesso, trovo nella mia coscienza e mi commisuro con una verità suprema, assoluta e sussistente, altra da me, che mi precede … per Cartesio non è più l’uomo, non è più la nostra mente che si adegua al dato oggettivo e al divino presente in lei, ma è l’uomo che sostituisce Dio nel far da regola e misura dell’essere delle cose.

Fichte non sbagliò nell’intuire questa possibile interpretazione del cogito, che, posto non da necessità oggettiva, ma da decisione soggettiva, è in fin dei conti, come ha osservato il Padre Fabro, un volo, un atto di libertà. Conoscere è imporre al reale la propria forma e insegnare è imporre agli altri le proprie idee. Cartesio non fonda la libertà sulla verità, ma la verità sulla libertà.

Così Cartesio, invece di orientare il pensiero verso l’essere esterno all’anima, lo ha orientato verso se stesso. Invece di orientare l’uomo verso Dio, lo ha orientato verso se stesso.  E – come osserva acutamente il Padre Fabro – siccome noi da noi stessi siamo nulla, lo ha orientato verso il nulla.

 
Immagine da Internet: Notte a Saint-Cloud, Edvard Munch

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