Le attività delle anime dei beati
Prima Parte (1/2)
Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni (Sal 23, 6)
Lo spirito è immortale?
Non omnis moriar
Se noi riflettiamo su noi stessi, e sul nostro agire e sul nostro essere, salvo che non siamo totalmente immersi nell’animalità, è impossibile che non ci accorgiamo di essere composti di una dualità di spirito e corpo, due forme di essere molto diverse fra di loro e subordinate l’una (quella materiale) all’altra (quella spirituale). Io sono un corpo, ma sono anche spirito.
E come non interrogarci sulla questione della nostra evidente ed inesorabile corruttibilità? Tutti sappiamo che dobbiamo morire. Ma che cosa è la morte? Che cosa ci succede quando moriamo? Ci è così evidente, come pensava Cartesio, che in quel momento il nostro spirito immortale abbandona il nostro corpo alla dissoluzione? Da dove nasce invece la paura che finisca tutto? Non potrebbe essere vera? Come mai, fin dall’antichità tantissimi, i materialisti, ben consapevoli della veracità dei sensi, sono convinti che alla nostra morte siamo completamente distrutti e non sopravvive nessuna anima?
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Anche quando siamo a letto al buio noi sentiamo di avere uno spirito, indipendente dal corpo, anche se nella vita presente non possiamo fare a meno di usare il corpo e i sensi. Le indisposizioni fisiche, l’agitazione o il tumulto delle passioni, la sonnolenza, la stanchezza, la malinconia, gli stati deliranti, la debolezza mentale, la depressione, possono farci credere che le nostre attività spirituali dipendano dalla materia o dallo stato di salute o dalle emozioni, insomma dal corpo e dalla materia.
Ma se riflettiamo sulla loro spiritualità, noteremo che il loro esercizio è autonomo dalla materia e la domina erigendosi ad una realtà immateriale immensamente superiore al mondo della materia. Che cosa è il pensiero dell’essere, della verità, dell’assoluto, dell’infinito, dell’eterno, dell’amore, della libertà, della santità, di Dio davanti alle limitatezze, alla ristrettezza, alla caducità, all’instabilità, all’effimero, alla fugacità e alla vanità delle cose del mondo materiale?
Alcuni parlano di «esperienza trascendentale» come esperienza dell’essere, del divenire, dell’altro, del diverso, dell’uno, del vero, del bene, del qualcosa, della realtà. Certamente, in questo senso essa esiste. È la visione dell’essenza, l’esperienza metafisica e del mistero, l’intuizione dell’essere e delle cose spirituali.
Le esperienze dell’estasi mistica, basata sulla fede e la carità, che riscontriamo nei grandi santi, sono molto rare, ma testimoniano in modo lampante la piena trascendenza e indipendenza qualitativa dell’attività spirituale rispetto a quelle sensibili. Coloro che hanno simili esperienze acquistano una certezza assoluta della sopravvivenza della propria anima e una speranza incrollabile nella futura beatitudine, che li incoraggia a compiere eroiche imprese per l’avvento del regno di Dio.
Immagine da Internet: Giudizio Universale, Beato Angelico
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