Da Cartesio a Fichte
La confusione fra l’io umano e l’io divino
Parte Prima (1/4)
Chi si esalta sarà umiliato
e chi si abbassa sarà innalzato
Lc 14,1
Il bisogno di verità
Per spiegare il sorgere e le ragioni del pensiero cartesiano, è bene ricordare che Cartesio vive in un clima culturale e spirituale, quale quello dell’Europa influenzata dalle idee del Rinascimento e del luteranesimo, che avevano esaltato l’autoaffermazione dell’individuo con la sua coscienza soggettiva. Si trattava di una ripresa dell’interiorismo agostiniano, ma in chiave immanentistica e soggettivistica: il Dio-in-me che evolve nel Dio-per-me o secondo-me.
Le terribili guerre fra cristiani della fine del ‘500 avevano creato in molti la sfiducia nella possibilità di certezze filosofiche e religiose oggettive e salde, basate sull’esperienza sensibile e sulla conoscenza di fede. Forte era la tentazione di rifugiarsi nel fideismo, che si traduceva in fanatismo, nella violenza e nell’intolleranza, oppure alla rinuncia all’uso della ragione in materia religiosa accontentandosi di un’adesione di convenienza a una qualunque Chiesa, quale che fosse, pur di godere di tranquillità e benessere.
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Certamente si rivela in Cartesio un radicale bisogno di verità. Ma nel contempo quello che è inaccettabile è la spietata volontà di spegnere tutte le luci per quanto flebili, che pur conservava nella sua coscienza e memoria. Se veramente cercava la verità, avrebbe dovuto applicare il comando del Signore di non spegnere il lucignolo fumigante. Chi nella notte vede una piccola luce si accontenta di quella e quella gli fa sperare di vedere il sole. Invece questa volontà distruttrice non conduce la ragione alla luce, ma al baratro. Padre Fabro parla giustamente di nichilismo.
La novità di Cartesio rispetto ad Aristotele sta in una migliore conoscenza di Dio, dello spirito e del funzionamento della nostra coscienza, che è il frutto di lunghi secoli di cristianesimo, valori che ovviamente sono assenti nel pagano Aristotele. Ma Cartesio in ciò non dice nulla di originale che non fosse già noto ai filosofi cattolici del suo tempo e che gli avevano insegnato al Collegio di La Flèche.
L’impresa cartesiana fallisce ed è illusoria, perché suppone che Aristotele si sia sbagliato nel fondare la metafisica. Cartesio crede di trovare una metafisica più sicura e meglio fondata, ma in realtà non fa altro che partire da quel protagorismo che Aristotele aveva già confutato. Cartesio non ammoderna la filosofia, ma la fa retrocedere a quella sofistica che Aristotele aveva già confutato.
D’altra parte Aristotele, con la sua opera di fondazione non ha scoperto o inventato niente, ma semplicemente ha messo per iscritto quelle nozioni basilari, fondamentali, originarie ed universali del sapere che appartengono alla mente umana come tale.
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