La concezione idealistica della filosofia
Seconda Parte (2/5)
L’idealismo è un volontarismo
Ho già mostrato più volte nei miei scritti su Cartesio come la sua affermazione del nostro sum non è un’affermazione che sia effetto di una constatazione intellettuale necessitata dall’evidenza dell’oggetto, ma di una libera decisione della volontà. Sicchè d’ora in avanti non è la libertà che consegue alla verità, ma è la verità ad essere effetto della libertà o della volontà o della prassi.
Da qui nasce il tipico volontarismo idealista che compare nel primato kantiano della ragion pratica. Per Kant il conoscere è costruire l’oggetto unendo la forma a priori dell’intelletto con la materia delle sensazioni.
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L’odio che Lutero aveva per la filosofia e la teologia di San Tommaso non fu certo segno di realismo. Lutero intendeva combattere una ragione arrogante e sofistica. E in ciò egli si rifaceva in certo modo alla polemica di Sant’Agostino contro i pelagiani e gli accademici. Ma Agostino conosceva bene anche il valore della ragione, che ha il compito di farci trascendere noi stessi per farci tendere a quel Luogo trascendente, cioè Dio, «ubi ipsum lumen rationis accenditur».
Il pensare, in noi, appartiene alla categoria accidentale della qualità, che si aggiunge e qualifica la sostanza o persona umana a differenza delle sostanze inferiori. Il nostro atto di pensare non s’identifica col nostro atto d’essere, ma vi si aggiunge, se si aggiunge, come atto secondo. Il sapere acquisito appartiene alla categoria accidentale dell’avere o del possedere. In quanto comunicato, il sapere o il pensare appartiene alla categoria della relazione. Solo in Dio il pensare è sostanziale e sussistente, perché coincide col suo stesso atto d’essere.
Ma anche mettendo il conoscere nella categoria dell’accidente, esso non è un fare o un agire, ma un essere o divenire ideale o intenzionale, cosciente ed intramentale, un divenire intenzionale l’altro in quanto altro, restando se stessi ontologicamente. È vero che nel conoscere noi produciamo il concetto o le nostre idee, ma si tratta di semplici enti mentali, come mezzi del conoscere e diventano oggetti di conoscenza o meglio di coscienza solo quando riflettiamo su di essi dopo averli prodotti.
Il pensare umano passa, se passa, dalla potenza all’atto. Il pensare nell’embrione umano è solo in potenza. Il pensare umano passa dall’ignoranza alla scienza. Solo il pensare divino è scienza in atto. Non s’identifica sic et simpliciter con l’essere, come il pensare divino, ma solo intenzionalmente nell’atto del conoscere. E comunque, è chiaro che quando cade nell’errore si separa dall’essere.
Immagine da Internet: Sidra, il libro sacro di Qaraqosh (https://www.vaticannews.va/fr/pape/news/2021-02/sidra-livre-sacre-qaraqosh-pape-voyage-irak.html)

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