29 ottobre, 2025

La concezione idealistica della filosofia - Quarta Parte (4/5)

 

La concezione idealistica della filosofia

Quarta Parte (4/5)

 

Il filosofare hegeliano: costruire l’Assoluto

 Cornelio Fabro definisce il filosofare hegeliano in questi termini:

«L’Assoluto, dichiara Hegel, deve per la coscienza essere costruito e questo è il compito della filosofia; ma poiché tanto il produrre quanto i prodotti della riflessione sono soltanto limitazioni, ecco che sorge qui la contraddizione: L’Assoluto dev‘essere riflesso, posto; ma con questo non è posto, bensì tolto, poiché in quanto è posto, esso sarebbe limitato. La mediazione di questa contraddizione costituisce la riflessione filosofica ed è precisamente la dialettica. La ragione si presenta infatti come forza dell’Assoluto negativo, perciò come negare assoluto e insieme come forza del porre della totalità opposta, oggettiva e soggettiva».

Questa concezione tipicamente idealistica del filosofare non come indagine o ricerca, ma come costruire riapparirà chiara nella filosofia di Severino nello stesso titolo della sua opera programmatica La struttura originaria. Il motore immobile per Severino non è un ente sommo, causa prima delle cose, ma è un congegno costruito dall’uomo: un dio, direbbe la Scrittura, opera delle mani dell’uomo.

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Hegel rimprovera all’Assoluto di Schelling proprio questa mancanza di determinatezza e differenziazione… rimprovera Schelling di non essere riuscito ad esprimere l’Assoluto nel concetto, nel ragionamento, nel contenuto necessario ed universale, opera della ragione e della scienza, opera propria della filosofia. Diversamente, osserva Hegel, si esce dal campo della logica e della ragione, quindi ci si aggira nella nebbia della sensazione individuale, dell’emotività, dell’immaginazione, del mito, della poesia, non del sapere e della verità.

Gentile con Berkeley confonde da buon idealista la dipendenza ontologica dell’essere con la dipendenza gnoseologica del pensare. Dopo Gentile, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso l’idealismo assume una nuova veste: abbandona il concetto hegeliano del filosofare come Concetto assoluto o Idea assoluta e per opera di Husserl ed Heidegger, l’idealismo cambia veste ed impostazione. Si congiunge in Jaspers con l’esistenzialismo. Senza abbandonare il suo assunto di fondo dell’identità del pensiero con l’essere, esso sposta la sua attenzione dal pensiero all’essere, ma si tratta sempre dell’essere-pensato-da-me, dell’essere-che-sono-io di origine cartesiana. Ma il ritrovamento heideggeriano dell’essere non ha nulla a che vedere con l’esse di San Tommaso. È l’essere parmenideo.

Ecco l’esperienza del sé, proveniente dall’induismo, l’esperienza religiosa di William James, l’esperienza o intuizione dell’essenza (wesenschau) in Husserl (il «vissuto», erlebnis), l’esperienza atematica trascendentale dell’essere in Heidegger, Schillebeeckx, Rahner, Lotz, Severino e Barzaghi.

E’ molto interessante il poderoso richiamo al realismo fatto nel sec. XIX contro Hegel da Karl Marx. È rimasto famoso il suo programma filosofico: Hegel aveva esposto la realtà in modo rovesciato, con i piedi in alto e la testa in basso. Marx la volle riportare con i piedi in basso e la testa in alto. Però questo «dipendere» Marx non lo intese solo in senso gnoseologico, ma anche ontologico ed inoltre per «realtà» intendeva la realtà materiale. Così la conclusione a cui giunse è che non è la materia a dipendere dallo spirito, ma è lo spirito a dipendere dalla materia.

Immagine da Internet: D' iniziale in un salterio francese. John Paul Getty Museum, Los Angeles

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