06 febbraio, 2025

Lo sguardo nel buio - Il concetto rahneriano del «Mistero assoluto» - Seconda Parte (2/2)

 

Lo sguardo nel buio

Il concetto rahneriano del «Mistero assoluto»

 Seconda Parte (2/2)

 La vera nozione del mistero divino

 Egli sa quello che è celato nelle tenebre

Dn 2,22

Tutte le tenebre sono riservate all’empio

Gb 20,26

Il mistero divino è una realtà immensa, smisurata, sconfinata, infinita. Essa sta davanti al nostro intelletto come una luce vivissima, un cibo appetitosissimo, un bene immenso e incomparabile. Esiste un’analogia tra il piacere fisico e quello spirituale.

L’opposizione paolina fra carne e spirito non si riferisce a questa somiglianza naturale, che Dio stesso ha voluto, come creatore dello spirito e del corpo, ma si riferisce alla situazione attuale della nostra natura decaduta dopo il peccato originale, per la quale quei due piani del piacere non si accordano più ma sono in conflitto tra di loro, per cui per godere di uno occorre in qualche modo rifiutare l’altro. Tuttavia la prospettiva cristiana della salvezza è la loro riconciliazione. Non è quella platonica della scomparsa del piacere fisico e della sola permanenza di quello spirituale, perché, come è noto, la prospettiva cristiana prevede la risurrezione del corpo.

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Il mistero divino è un qualcosa che ci supera e non sappiamo comprendere nella sua interezza; ma proprio per questo nel nostro indagarlo «con zelo, pietà e sobrietà», come insegna il Concilio Vaticano I (Denz.3016), è sorgente perenne ed inesauribile di luce di conoscenza per il nostro intelletto.

Lo sbaglio di Rahner sta nel vedere i concetti nuovi non in continuità con i precedenti, non come conferma e sviluppo lineare dei precedenti, ma come rottura, contrasto, negazione o smentita, perchè per Rahner, per sua espressa dichiarazione, come per Hegel, i concetti dogmatici non sono fissi ma fluidi e mutevoli. … Ciò che allora crediamo essere l’oggetto della nostra esperienza non è più Dio che dev’essere concepito come ente, facendo uso della nozione analogica dell’essere, ma un idolo della nostra immaginazione gradito alla nostra affettività sensitiva o al nostro gusto estetico o alla nostra creatività poetica.

La Bibbia ci proibisce di farci immagini di Dio in quanto vuol distoglierci dall’idolatria e dal politeismo, come se Dio fosse un artefatto costruito dalle nostre mani o un concetto prodotto dalla nostra mente. Ma non ci proibisce affatto di usare prudentemente l’immaginazione per concepire Dio sotto il velo dell’immagine, soprattutto della figura umana. Dio può e deve essere da noi concepito facendo uso della nozione analogica dell’ente e delle nozioni trascendentali.

Il trascendentale non è, come crede Rahner, la proprietà di un’esperienza che avrebbe la pretesa di sperimentare Dio come io sperimento il tepore del sole o il piacere dell’acqua fresca o il sapore di un gelato. Gli antichi Greci e Romani non avevano torto nel rappresentare la divinità sotto forma umana.  Lo sbaglio stava nel politeismo e quindi nel credere che gli attributi divini non siano una sola cosa in Dio, ma ognuno costituisca una divinità.

Immagine da Internet:
- Trinità del Salterio, miniatura dalla Bibbia di Heisterbach, 1240 circa.

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