30 ottobre, 2025

La concezione idealistica della filosofia - Quinta Parte (5/6)

 

La concezione idealistica della filosofia

Quinta Parte (5/6)

Husserl: nulla esiste fuori della coscienza

Per Husserl la filosofia è la fenomenologia, che, a ben guardare, è una forma di idealismo: 

«Attraverso la fenomenologica messa fuori gioco del mondo obiettivo, questa sfera “immanente” dell’essere perde bensì il suo senso di uno strato reale di quella realtà uomo (oppure animale) che inerisce al mondo e che presuppone già il mondo. Perde il senso di vita coscienziale umana. … Ma non va semplicemente perduta: attraverso il mutato atteggiamento dell’epochè ottiene il senso di una sfera assoluta dell’essere».

«La consapevole attuazione dell’epochè si rivelerà come quell’operazione metodica, assolutamente necessaria, che è capace di dischiuderci, con la regione assoluta dell’autonoma soggettività, quel terreno dell’essere con cui è in riferimento, insieme con la nuova esperienza e con la fenomenologia, ogni filosofia radicale, quel terreno che le conferisce il senso di una scienza assoluta».

Husserl chiama «scienza naturale» il realismo, ossia l’ammissione indubitabile dell’esistenza di cose fuori di noi e della nostra coscienza, con la conseguenza che la filosofia viene intesa come conoscenza di queste cose e delle loro cause. Invece per Husserl non c’è niente fuori della nostra coscienza, per cui la filosofia si esaurisce nell’analisi di ciò che c’è nella nostra coscienza. 

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La concezione idealistica della realtà appare evidente da domande che Husserl si pone. La risposta è chiara: le cose non hanno un senso in se stesse, ma è la coscienza che dà senso alle cose. È evidente come qui Husserl confonda l’aspetto produttivo della formazione (species expressa) del conoscere con quello recettivo informatore (species impressa), e non comprenda come, se la cosa è in noi in quanto pensata, non per questo non resta fuori in quanto pensabile.

La filosofia di Heidegger non si può qualificare come idealismo nella sua denominazione linguistica, perché ad Heidegger la tematica dell’idea interessa scarsamente. E tuttavia anche in Heidegger c’è la sostanza dell’idealismo in quanto l’idealismo comporta l’esprimersi del trascendentale kantiano nel categoriale empirico. Heidegger vuol dire che Kant mantiene il concetto tomista della verità gnoseologica come adaequatio ad rem, solo che inverte il rapporto stabilito da San Tommaso, il quale parla di adeguazione del soggetto (intellectus) all’oggetto (res).

Per Tommaso la verità risiede nell’intelletto prima che appartenere all’essere, perché essa presuppone l’atto dell’intelletto, mentre l’essere di per sé non dice vero (verum), ma solo essere. Questo è il puro realismo. Invece, ridurre l’essere al vero è la tipica operazione dell’idealismo, che ammette l’essere (oggetto) non in sé indipendente dal pensiero, ma solo in relazione all’intelletto (soggetto umano), l’essere in quanto pensato.

La novità dell’idealismo contemporaneo è che il suo riferimento non è più Hegel, per cui non è più storicista, ma è Parmenide, per cui è diventato eternalista. Rahner confonde il pensare a Dio col pensare all’essere.

Severino, che accusa di contradditorietà la formulazione aristotelico-tomista del principio di non-contraddizione, è poi costretto egli stesso ad accettare la contraddizione dovendo ammettere che anche il divenire, che è contradditorio, appartiene all’essere. Severino non sarebbe caduto in questa contraddizione, se avesse distinto con San Tommaso, potenza di essere ed atto di essere e per conseguenza avesse distinto essenza ed essere. Non si è reso conto che mentre il diveniente è composto di atto e potenza, dove l’essenza resta distinta dall’essere, non l’essere come tale, ma solo Dio è puro atto di essere e identità di essenza e di essere.

Immagine da Internet: La creazione, L 'elogio della geometria, Biblioteca Nazionale francese

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