Il concetto di Dio da Kant a Feuerbach
Da Dio come idea della ragione a Dio come alienazione della ragione
Io Sono
La ragione kantiana è diventata più pretenziosa di quella cartesiana: mentre Cartesio si sforza di fornire delle prove dell’esistenza di Dio, anche se tali prove alla fine sono petizioni di principio, Kant, più audace, ma conseguente riguardo alla concezione cartesiana della ragione, libero dal timore dell’inquisizione, mostra che se la ragione da sé costruisce quel proprio sommo fastigio, quel supremo coronamento e ricapitolazione di tutta l’attività sistematica della ragione, che è l’«ideale trascendentale», Dio si riduce alla rappresentazione simbolica dell’ideale della ragione, mentre Kant si premura di mettere in guardia dalla sottile se pur comprensibile tentazione di trasformare questo che non è altro che un ideale in un personaggio celeste chiamato «Dio», al quale render culto come se si trattasse di una persona reale.
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Per Spinoza, nel momento in cui io prendo coscienza di me stesso dal punto di vista dell’eternità, ossia assumendo la sguardo di Dio, sotto lo sguardo di Dio e nello sguardo di Dio, mettendomi dal punto di vista di Dio, concepito mediante l’occhio di Dio, necessariamente ho la conoscenza di Dio e so di essere in Dio e di essere concepito mediante Dio stesso. Dunque Spinoza crede che dal cogito si possa ricavare un esser pensato da Dio, in modo tale che l’io acquista lo sguardo col quale Dio stesso vede il mio io. Ma siccome lo sguardo di Dio è Dio, ecco che il mio io si presenta come divino, esistente in Dio ed identico a Dio.
Severino fonda la sua filosofia
sull’«essere-che-non-può-non-essere». Ora l’assolutamente necessario, come
aveva ben visto Kant e aveva dimostrato San Tommaso d’Aquino, non può essere che
Dio. Invece Severino dice che non si tratta di Dio, del quale anzi nega
l’esistenza come supremo ente, causa prima delle cose. Severino ammette, come
Parmenide, solo l’esistenza dell’assolutamente necessario e nega l’esistenza
del contingente. E allora si capisce perchè il suo Assoluto non è Dio.
Confondere infatti l’essere tout court con l’essere necessario non è teismo ma
panteismo.
Noi possiamo sì cogliere l’Infinito, ma solo finitamente. Illusione del panteista o dello gnostico è invece quella di credere che il finito possa diventare infinito o che l’infinito sia finito o che l’infinito possa finitizzarsi.
Immagine da Internet: Baruch Spinoza
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