Il dogma del paradiso terrestre
Parte Terza (3/4)
Il luogo empirico, il luogo edenico, il luogo paradisiaco
Sia per il paradiso terrestre, sia per il paradiso celeste o «cielo» si pone il problema della nozione di luogo. Il paradiso terrestre, da come è presentato dall’agiografo, sembra essere un luogo di questa terra. Ma nel contempo appare come un luogo così privilegiato e in armonia con l’uomo in una meravigliosa perfezione e pienezza di vita, ossia Adamo ed Eva, che, dopo il peccato e la cacciata di essi da quel luogo, si presenta come un luogo del tutto irraggiungibile.
La nozione di luogo è ricavata dalla più comune ed elementare esperienza quotidiana: ogni cosa è posta in un luogo, è circoscritta da un luogo nello spazio, s’intendono i corpi, le cose materiali. Ma quando la Rivelazione parla dell’Eden, del paradiso, dell’inferno e del purgatorio come di «luoghi», che cosa intende per luogo? Perché usa questo concetto?
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Non è immaginabile un corpo che non sia in un luogo. Per questo, pensando a Cristo e alla Madonna, ci viene spontaneo chiederci dove sono. La Chiesa risponde: in cielo, in paradiso. Dunque in cielo c’è un ambiente fisico? Dobbiamo rispondere di sì.
I progenitori avevano un potere sull’intero universo, anche quello che si trovava al di fuori del giardino edenico? La cosa è possibile.
A questo punto sorge un’altra domanda: ma allora tra noi qui sulla terra e il luogo celeste c’è una data distanza? Dobbiamo rispondere che il luogo terreno e il luogo celeste sono incomunicabili, perché non sono posti sullo stesso piano ontologico. Dunque tra luogo terreno presente e luogo celeste c’è solo una analogia, non una univocità.
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