06 febbraio, 2022

Sul concetto rahneriano di Dio - Quinta Parte (5/5)

 Sul concetto rahneriano di Dio

Quinta Parte (5/5)

Influsso ontologistico

Vanamente Rahner vorrebbe assicurarci che non si tratta di ontologismo, chè invece proprio di questo si tratta. Esaminiamo infatti alcune proposizioni ontologistiche riportate dal Decreto del Sant’Offizio del 1861.

1. «L’immediata conoscenza di Dio, almeno abituale, è essenziale all’intelletto umano, cosicchè senza di essa non può conoscere alcunché; ed anzi è lo stesso lume intellettuale» (Denz.2841).

Ora Rahner parla di esperienza originaria trascendentale e preconcettuale di Dio presente in noi già da sempre, come condizione di possibilità di conoscenza concettuale delle cose. Che differenza c’è? Cambiano solo le parole.

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C’è da chiedersi quale Dio sia raggiunto e contattato dall’esperienza trascendentale, della quale Rahner parla spesso.

Da dove nasce questo Dio? Dal fatto che Rahner fonda la sua gnoseologia sull’identità di essere e conoscere, attribuendola falsamente a San Tommaso.

Tommaso intende dire semplicemente che affinchè l’intelletto possa conoscere l’ente, bisogna che esso appartenga allo stesso genere di ente al quale appartiene l’intelletto: l’intelletto umano, che si serve dei sensi, è proporzionato all’ente intellegibile-sensibile, l’intelletto angelico, che fa a meno dei sensi, all’ente puramente spirituale finito, l’intelletto divino all’ente divino.

L’essere conoscente è solo l’essere spirituale. Ma esiste anche l’essere materiale, che non è affatto conoscente o autocosciente.

Manca in Rahner una nozione analogica del conoscere come manca una nozione analogica dell’essere.

Bisogna allora notare come nella teologia di Rahner, mancando i concetti analogici, si ripropone da una parte l’antico dualismo platonico, quando vuol distinguere, ma dall’altra l’altrettanto antico monismo evoluzionista eracliteo, quando vuole unire.

Significativo è che a Rahner piaccia il concetto dell’asintoto, come di termine al quale ci si avvicina indefinitamente senza raggiungerlo mai. Pensiamo allo spasimo di questa bella intelligenza sciupata, che tende sempre di nuovo concettualmente al reale senza mai raggiungerlo, sempre chiusa idealisticamente nelle proprie idee, vantando peraltro un’esperienza interiore originaria, globale ed ineffabile dell’Assoluto, che è la sua famosa «esperienza trascendentale di Dio», che è il più grande bluff teologico del XX secolo.

Immagini da internet:
- Sogno di Giacobbe, di Luigi Garzi

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