Il processo
all’infinito nella prova dell’esistenza di Dio
Seconda Parte (2/2)
Fermatevi e
sappiate che Io sono Dio
Sal 46,11
La causa nel
senso forte ed assoluto, veramente causa, non può essere una causa causata, che
rimanda a una causa precedente, che l’ha causata, ma è una causa che è solo e
totalmente causa, bastante a sé stessa. Questa è la causa prima, alla quale
deve fermarsi il regresso delle cause. Ed è questo il motivo per il quale
non è possibile un regresso
all’infinito. Questa causa non può essere altro che la causa dell’essere, essa stessa Essere
sussistente. E questa è Dio.
Occorre
dunque distinguere una retrocessione all’infinito di una successione di agenti
indipendenti gli uni dagli altri e accidentalmente collegati gli uni agli altri
nella loro esistenza ed azione, da una retrocessione di cause ontologicamente
sovraordinate connesse da un rapporto di necessità.
Nel primo
caso la retrocessione o processo all’infinito è possibile; invece nel secondo
caso è impossibile, ma occorre fermarsi ad una prima causa creatrice ossia
produttrice non solo del divenire, ma anche dell’essere dell’effetto o a un
primo motore immobile, che muove il succedersi degli effetti.
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Un conto
però è che una causa produca per sua essenza quel dato effetto, per cui qui la
connessione causa-effetto è necessaria. E un conto è che molte cause si
succedano per produrre un dato effetto. San Tommaso dice che è necessario che
il ferro plasmato dal fabbro sia plasmato dal martello. Ma che questo ferro
venga plasmato dal fabbro che usa successivamente più martelli è cosa
accidentale, per il semplice fatto che uno si rompe e dev’essere sostituito da un
altro.
Ma non
esiste alcun nesso causale necessario fra un martello e il successivo:
l’importante è che funzionino, ossia che facciano ciò che il fabbro vuole. È
nella struttura dell’operazione del fabbro che troviamo un nesso logico
necessario tra causa ed effetto, perché è chiaro che se manca nel fabbro
l’intenzione o gli manca il martello o manca l’incudine, il ferro non viene
plasmato.
Occorre
dunque assolutamente una causa prima (il fabbro) perchè il ferro sia plasmato,
ma in linea di pura possibilità metafisica non è necessario un primo martello
nella successione temporale dei martelli che uno dopo l’altro si rompe, anche se
di fatto il primo martello c’è stato.
Per
questo, in linea di principio, osserva San Tommaso, i martelli potrebbero
essere infiniti, ma non può essere infinita la serie delle cause sovraordinate
per ottenere la plasmazione del ferro. Qui occorre una causa prima, che è il
fabbro che usa il martello, non importa quale e non importa quanti.
Similmente,
osserva San Tommaso, affrontando la questione se il mondo potrebbe esistere da
sempre, in un infinito succedersi di cause, dice che di per sé si potrebbe
andare indietro nel tempo all’infinito, dato che Dio è eterno e che il creare è
un atto eterno non necessariamente nel tempo, anche se sappiamo dalla
rivelazione che di fatto il tempo passato ha avuto un inizio. Tommaso osserva
che invece dove non si può andare all’infinito è nelle cause sovraordinate,
ossia quelle che spiegano l’esistere attuale del mondo, perché altrimenti
dovremmo dire che il mondo non esiste essendo privo di causa sufficiente.
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