31 dicembre, 2024

Dio agisce dentro di Lui e al di fuori di Lui - Generato, non creato - Un testo di Padre Tomas Tyn - Terza Parte (3/3)

 

Dio agisce dentro di Lui e al di fuori di Lui

Generato, non creato

Un testo di Padre Tomas Tyn

Terza Parte (3/3)

Dio è la causa prima dell’universo

Premetto che il discorso della creazione è relativamente nuovo nella storia del pensiero umano ed è un discorso assai delicato perché da un lato, di fatto, nella storia del pensiero, è legato inseparabilmente al cristianesimo. Infatti, i filosofi precristiani, pagani, della creazione non sapevano proprio nulla, anche se hanno, dall’altro lato, per così dire, gettato le basi di un discorso che poi condurrà appunto alla comprensione del mondo come creatura di Dio.

Però loro stessi, nemmeno le menti più metafisiche e quindi più eccelse - perché la sublimità della filosofia si manifesta soprattutto nella scienza dell'ente, cioè del reale in quanto semplicemente è - come lo stesso Platone o Aristotele, non sono giunti a comprendere il mondo come dipendente da una causa prima, influente l'essere, cioè una causa agente che desse l'essere alle cose. 

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Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

30 dicembre, 2024

Dio agisce dentro di Lui e al di fuori di Lui - Generato, non creato - Un testo di Padre Tomas Tyn - Seconda Parte (2/3)

 

Dio agisce dentro di Lui e al di fuori di Lui

Generato, non creato

Un testo di Padre Tomas Tyn

Seconda Parte (2/3)

 Il rischio del panteismo

 Bisogna distinguere in Dio, se volete, un duplice agire: un agire che è ad intra, dentro di Dio per così dire, che non pone degli effetti esterni. Notate che l'agire di Dio è sempre Dio stesso, l'abbiamo ben visto, se vi ricordate, però è importante tenerlo sempre presente alla mente per non pensare che il Signore agisca come noialtri, cioè in noi ovviamente l'agire è distinto dalla nostra sostanza. In Dio l'agire è il suo essere, è la sua sostanza, non è una attuazione della sostanza, un qualcosa di aggiunto.

 Se io sto fermo, ho un certo essere, ma, se poi mi muovo, ho un essere in più, cioè il muovermi, al di là del mio. In Dio non c'è questa possibilità di aggiungere qualche cosa al suo essere, l'agire di Dio è il suo essere. Solo che l'agire di Dio, che è il suo essere, può avere due effetti: uno in Dio stesso, e questo è ancora l’essenza di Dio. Oppure al di fuori di Dio e allora è un qualche cosa di distinto, di diverso da Dio. 

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Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

29 dicembre, 2024

Dio come identità di pensiero ed essere - Un testo del Servo di Dio Padre Tomas Tyn - Prima Parte (1/3)

In occasione dell’anniversario della morte del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, il 1° Gennaio 1990, ho pensato di fare piacere ai Lettore pubblicando alcuni suoi testi, tratti da registrazioni di conferenze.

 

Dio come identità di pensiero ed essere

Un testo del Servo di Dio Padre Tomas Tyn 

Prima Parte (1/3)

Dio è pensiero sussistente

 Notate bene che questa tesi secondo cui Dio è accessibile all'uomo con dei raziocini naturali, che consentano di arrivare all'essenza di Dio e alla sua unità, non è una opinione teologica, ma un dogma di fede. Il Concilio Vaticano I stabilisce proprio questa duplice conoscenza di Dio: una è la conoscenza naturale dell'esistenza del Signore, della sua essenza e soprattutto della sua unità.

Tuttavia Dio ovviamente esiste in quella pienezza di essere, in quell’oceano di essere, di cui abbiamo parlato, se vi ricordate bene. San Tommaso dice che questo Esse ipsum, ossia l'essenza di Dio, non è un’essenza restrittiva dell'essere, ma è un’essenza che è il suo essere; notate bene come è grande il Signore, cioè Egli è solamente essere.

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24 dicembre, 2024

Il passato e il futuro nel presente - Il mio messaggio natalizio

 

Il passato e il futuro nel presente

Il mio messaggio natalizio

 Cari Amici Lettori,

il Santo Natale che ci apprestiamo a celebrare e a festeggiare mi dà lo spunto per meditare con voi sulla bellezza di quel mistero per il quale il Dio eterno di Gesù Cristo, Dio al di sopra del tempo e dello spazio, eppur creatore del tempo e dello spazio, ha voluto, incarnandosi,  unirsi personalmente ad una porzione di tempo e di spazio, il bambino Gesù, per consentirci nella comunione sacramentale con Lui, di sentire presente il passato e il futuro della storia, cioè a dire l’intera umanità nella sua concretezza storica.

Così la nascita di Cristo 2000 anni fa è certo un fatto del passato, ma se Gesù è il Figlio di Dio incarnato, e il Figlio esiste ab aeterno e in eterno, Egli sovrasta e assume in sé tutto il corso del tempo e tutta l’ampiezza dello spazio. L’incontro con Cristo è l’incontro con il mondo da Lui creato, esteso nello spazio e fluente nel tempo. 

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 Immagine da Internet: Sacra Famiglia, Tiziano

21 dicembre, 2024

Insegnare la religione ai giovani - Un ottimo libro di Fabrizio Fabbri

 

Insegnare la religione ai giovani

Un ottimo libro di Fabrizio Fabbri

 La difficile arte dell’educatore

Sappiamo quanto il Papa insista sulla necessità e sull’importanza dell’educazione religiosa dei giovani. Essi vanno ascoltati per conoscere i loro bisogni e le loro possibilità affinchè, quindi, ascoltino i veri maestri e chi può rispondere alla loro radicale richiesta di senso, chi li può comprendere con amore e guidare con saggezza, con energia e dolcezza, verso il compimento delle loro aspirazioni e il raggiungimento della loro felicità.

Il professor Fabrizio Fabbri è uno di questi. Filosofo cattolico, del quale ho avuto già modo di occuparmi nel 2020 su questo blog, da 24 anni insegna religione nelle scuole pubbliche ed ha fatto uscire quest’anno la terza edizione di un libro dal titolo Didattica della santità. Per un modo nuovo di insegnare la religione cattolica, per le edizioni il Cerchio di Rimini.

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«La spinta decisiva, la conferma definitiva – dice Fabbri a p.32 – della validità di una didattica della santità, mi è arrivata da un brano di uno dei più bei documenti magisteriali di Giovanni Paolo II, la Lettera apostolica Novo millennio ineunte emanata il 6 gennaio 2001, in cui il Santo Pontefice fa un bilancio del grande Giubileo del 2000, allora appena concluso e in ogni settore indica la strada della Chiesa per il terzo millennio. Il brano, formante i paragrafi 30 e 31 del cap.3 (intitolato significativamente “A partire da Cristo”) così dice:
 
 “In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi il cammino pastorale è quello della santità. 
 
Immagine da Internet

20 dicembre, 2024

Il serpente mi ha ingannata - Il problema delle insidie del demonio - Seconda Parte (2/2)

 

Il serpente mi ha ingannata

Il problema delle insidie del demonio

 Seconda Parte (2/2)

 Il demonio è l’istigatore dei più grandi mali e sciagure dell’uomo

Il demonio ispira il nichilismo, il disfattismo, il pessimismo più tragico e la disperazione: essere e nulla sono la stessa cosa, l’essere è il non-essere, l’essere viene dal nulla e torna al nulla. Tutto finisce. Tutto è senza scopo. Tutto è vanità. La felicità è un’illusione. Non c’è niente da sperare. Non c’è nulla che sia a posto, niente che vada bene. Si vede il male dappertutto. Non c’è nessun rimedio al male. La vita non ha senso. Nulla ha senso. Il povero Leopardi è rimasto impigliato in questa tragedia.

Per Lutero, come sappiamo, il peccato è inevitabile e incancellabile. Siamo sempre e comunque in colpa. Si può solo coprire o nascondere, far finta che non ci sia. È impossibile obbedire ai comandamenti divini. L’uomo è totalmente corrotto. 

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La tentazione fondamentale del demonio è la tentazione alla superbia, come appare evidente dalla narrazione biblica del peccato originale. Il demonio si propone lui come nostro vero Dio e promotore della nostra libertà e dignità. Egli vuol convincerci che adorare lui vuol dire adorare noi stessi, perché noi e lui siamo due persone divine, in un solo spirito, come il Figlio e il Padre celeste sono un solo Dio. Ma questa – ci dice Satana – è solo una figura della verità, che sta nel rapporto dell’uomo col demonio. Noi – ci dice Satana - noi siamo Dio ed anch’egli è Dio. Noi dobbiamo obbedirgli come figli al padre, perchè egli – come ci svela Gesù – si atteggia a nostro padre. Per questo il demonio si presenta come il Dio Padre, che ci insegna come affermare la nostra divinità di suoi figli. E per questo San Giovanni parla di «figli del diavolo».

Dunque per vincere la superbia occorre l’umiltà, ma quella vera, che è obbedienza e sottomissione alla verità su noi stessi, peccatori redenti, e su Dio nostro Signore e Salvatore.


Occorre onestà intellettuale, sapere ragionare bene, umiltà nell’adeguare il nostro intelletto al reale, alle cose come sono, al dato oggettivo, quale esso sia. Non confondere la cosa in sé con la nostra idea della cosa, non ridurre l’essere all’essere pensato, non accontentarsi delle apparenze; non essere attaccati al nostro parere.

Allora il demonio si terrà alla larga e non troverà in noi nulla a cui appigliarsi, perché egli ha orrore dell’umiltà, dell’amore alla verità, dell’onestà intellettuale e della sapienza nel giudicare. Potrebbe capitare altresì che cadiamo inavvertitamente o colpevolmente in un suo tranello. In tal caso, Dio ci insegnerebbe l’umiltà e come pentirci dei nostri peccati, cosa che Egli può volere anche nei Santi. Se questo capita, Dio ce ne libera in tempo, perchè non corriamo il rischio di ritrovarci con il demonio nell’inferno.

Immagini da Internet:
- Il ragno nel chiostro, demonio tentatore, Reina Calcedonio
- Gesù ed il Tentatore, Scuola Fiamminga del XVIII sec.

16 dicembre, 2024

Il serpente mi ha ingannata - Il problema delle insidie del demonio - Prima Parte (1/2)

 

Il serpente mi ha ingannata

Il problema delle insidie del demonio

 

Prima Parte (1/2)

 

È menzognero e padre della menzogna

Gv 8,44

 Da dove vengono le nostre idee?

 Le nostre azioni coscienti e volute e quanto noi coscientemente e volontariamente esprimiamo con le nostre opinioni e i nostri propositi provengono dal nostro intimo, dalla nostra mente, dalla nostra ragione, dalla nostra coscienza. Vengono sempre da una riflessione su noi stessi, sui nostri ricordi, su di un sapere precedente, vengono sempre dall’intimo di noi stessi, magari dall’inconscio o possono venire dal dialogo con un tu, un altro io presente e parlante a noi nel nostro intimo.

Le nuove idee, le nuove iniziative, i nuovi progetti o desideri da dove vengono? Sono conclusioni che abbiamo tratto noi o ci vengono da un tu nell’intimo del nostro io? È qualcuno che ci parla, ci suggerisce o ci propone o siamo noi che parliamo a noi stessi, con noi stessi? Per usare un linguaggio fichtiano, il non-io interiore che a volte mi appare e mi parla, me lo pongo io davanti a me, dipende da me o compare in me senza che io l’abbia concepito o voluto e forse l’ha posto un altro io?

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Il permanere nei secoli di dottrine perverse che seducono le folle, ostinatamente contrarie all’insegnamento di Cristo, non fanno pensare ad un influsso del demonio? Del resto, come non temere o sospettare che scienziati, filosofi, uomini di cultura, intellettuali, letterati, artisti e addirittura teologi, che non credono all’esistenza del diavolo, non siano esposti a essere vittime dei suoi inganni o strumenti forse inconsapevoli della sua azione?

Da queste considerazioni appare quanto è importante formarsi un giusto concetto di Dio, che non sia inquinato da attributi propri di Satana. Il rischio infatti è quello che, se non abbiamo un concetto giusto di Dio, rischiamo di obbedire a Satana anziché a Dio.

Quelle teologie che si limitano a parlare di Dio e non ci dicono come e perché Satana può assumere ingannevoli sembianze divine, non aiutano a sufficienza ad essere soggetti al vero Dio e rischiano di renderci schiavi del demonio scambiato per Dio. E per questo San Paolo chiama il demonio «Dio di questo mondo» (II Cor 4,4), mentre Cristo lo chiama «principe del mondo» (Gv12, 30).

Come ci insegna Cristo, il demonio è omicida fin da principio e per principio. Odia l’uomo perché odia Dio suo creatore.

Per questo il demonio convince l’uomo di essere, per usare un’espressione di Heidegger, un «essere-per-la-morte», ispira all’uomo una volontà omicida, un istinto di morte, spegnere la ragione nell’assurdo, estinguere il pensiero nel dubbio, estinguere la volontà e il desiderio di vivere, trovare indifferente il vivere o il morire, provar ripugnanza per la verità, gusto nell’illudersi, nel soffrire e far soffrire, nel conflitto, nel contraddire, nel disobbedire, nel mentire, nella discordia, nella violenza, nella guerra, nella distruzione e nell’annientamento.

Immagini da Internet:  Adamo ed Eva, Cappella Sistina, Roma

15 dicembre, 2024

Tu che sei uomo ti fai Dio - Il mistero della divinità di Cristo - Parte Terza (3/3)

 

Tu che sei uomo ti fai Dio

Il mistero della divinità di Cristo

 
Parte Terza (3/3)
 
 Come Hegel concepiva la divinità di Cristo

Hegel affronta il mistero trinitario e dell’incarnazione e pretende di darne la spiegazione razionale, logica e dialettica. Quello che secondo la fede Dio Padre ha fatto liberamente incarnando suo Figlio, egli lo vede come un processo logico necessario che costituisce la stessa essenza di Dio.

Per spiegare l’Incarnazione egli parte dall’affermazione di San Giovanni: «il Verbo si fece carne». In tedesco incarnazione si dice Menschwerdung=divenire uomo. Hegel notava che il nostro intelletto, per poter capire la realtà, ha bisogno di distinguere e determinare, stabilire l’identità di ogni cosa: questo non è quello; questo è differente da quello. 

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A Hegel manca il concetto dell’unione, quindi dell’amore, dell’amicizia e della convivenza pacifica. Per lui le due nature di Cristo non sono unite, ma sono un’unità, una sola cosa. Si confondono. L’uomo è Dio e Dio è l’uomo. Ecco l’uomo che si fa Dio!

La sintesi hegeliana è una falsa sintesi. La vera sintesi, ossia l’unione, salva entrambe le nature nella loro identità e diversità, come dice il dogma calcedonese, le unisce nell’unità della persona di Cristo.

Per questo, il Concilio di Calcedonia raccomanda di non fare confusione fra le due nature di Cristo: la natura divina è semplice, increata, immutabile, infinita, immortale, eterna, innocente; quella umana è composta, creata, mutevole, finita, mortale, temporale. Nel contempo il Concilio insegna che Cristo è uno e il medesimo; ha una sua ben precisa identità: è quella data persona e non altra, inconfondibile, riconoscibile e distinguibile da ogni altra.


Se per individuo intendiamo un ente singolo sussistente, un soggetto concreto esistente, una persona, un personaggio storico, esistito o esistente, allora certamente in questo senso Gesù è un individuo come ogni singolo ente reale attualmente esistente, benché adesso sia in cielo e non in terra.

Rahner nota che i concetti servono alla comunicazione umana. Ora, osserva Rahner, i concetti usati a Calcedonia per formulare il dogma cristologico, non sono quelli della filosofia moderna, ma della tarda grecità.

Rahner ha ragione nel dire che la Chiesa deve esprimere il contenuto del mistero di Cristo in termini e concetti comprensibili agli uomini del nostro tempo. Ma sbaglia nel credere che i termini e concetti usati a Calcedonia siano caduti in disuso, per cui oggi dovrebbero essere sostituiti da quelli delle filosofie contemporanee.

Immagini da Internet: Basilica di San Pietro, Roma

14 dicembre, 2024

Tu che sei uomo ti fai Dio - Il mistero della divinità di Cristo - Parte Seconda (2/3)

 

Tu che sei uomo ti fai Dio

Il mistero della divinità di Cristo

 
Parte Seconda (2/3)

 Come può un uomo essere Dio?

Tornando alla nostra questione dell’identità di Gesù, notiamo che in Dio l’individuo coincide con la specie, per cui nel caso di Cristo non possiamo fare lo stesso discorso che facciamo per noi uomini. Dio è un individuo. La natura divina, cioè Dio. è, come la definisce il Concilio Vaticano I, «una singolare sostanza spirituale».

Non esiste la specie «Dio» che abbia sotto di sé vari individui, come sotto la specie uomo stanno molti individui umani. Dio e la natura o sostanza divina sono la stessa cosa.  L’essenza dell’individualità divina, a differenza di quanto avviene in noi, coincide con l’essenza della natura divina. Allora come fa ad esserci distinzione fra due individui, il Figlio divino e il Padre divino, se Dio è un individuo, un individuo può al contempo essere uno e due? Gesù è un solo individuo o sono due? O è uno o sono due. Non si scappa. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/tu-che-sei-uomo-ti-fai-dio-il-mistero_14.html


Il sussistente, il soggetto, la personalità in Cristo non è il suo esser uomo, ma il suo esser Figlio. Per questo, quando diciamo che Gesù è Dio non enunciamo una proprietà o un predicato dell’esser uomo - questo sarebbe panteismo – ma la proprietà divina dell’esser Figlio. Dire che Gesù è Dio non significa predicare la divinità della sua umanità, ma predicare la divinità del suo esser Figlio. Gesù è Dio non in quanto uomo, ma in quanto Figlio.

Il Concilio di Nicea del 325 si limitava a dire che Gesù è il Figlio unico di Dio, nato dal Padre (ghennethenta ek tes usìas tu Patròs), generato, non creato, della stessa sostanza del Padre (omoùsios to Patrì), Dio da Dio, Dio Figlio da Dio Padre.


In Dio – nota Sant’Agostino – la persona del Padre si risolve nella sua paternità, ossia nella relazione al Figlio. Quindi il Padre non ha una relazione, come succede in noi, ma è Relazione al Figlio: è una Relazione sussistente. Dunque in Dio la relazione non è un accidente come in noi, non è inerente, ma sussistente: è Persona.

Padre e Figlio interloquiscono fra di loro? L’ipotesi è seducente, ma è falsa. Quando Gesù parla col Padre o il Padre fa sentire la sua voce al Figlio, non si tratta di uno scambio di idee fra Padre e Figlio, giacchè la mente e volontà del Padre e quella del Figlio sono identiche in quanto l’uno e l’altro è Dio. Si tratta invece di atti umani del Figlio e di manifestazione sensibile (udibile) del Padre all’umanità del Figlio. Inoltre, ciò che Gesù dice di avere appreso dal Padre è chiaro che lo sa perché la scienza divina è la stessa nel Padre e nel Figlio.

Immagini da Internet: Gesù Cristo, Rosone del Duomo di Orvieto

13 dicembre, 2024

Tu che sei uomo ti fai Dio - Il mistero della divinità di Cristo - Parte Prima (1/3)

 

Tu che sei uomo ti fai Dio

Il mistero della divinità di Cristo

Parte Prima (1/3)

 

Alzatevi, porte antiche, ed entri il Re della gloria

Sal 24,7

 

Consustantialem Patri

 

Guai all’uomo che confida nell’uomo

Ger 17,5

 

La peculiarità del cristianesimo rispetto a tutte le altre religioni

La religione cristiana si distingue da tutte le altre religioni per il fatto che pretende di essere monoteistica, ma sostiene che Dio esiste in tre persone e che esiste una persona divina, Gesù Cristo, che in tutta l’umanità è l’unico uomo che possiede due nature, la natura umana e la natura divina tra di loro unite, ma senza confusione.

Tutte le altre religioni o sono monoteistiche, come l’ebraismo e l’islamismo, rifiutando però il Dio cristiano visto come assurdità o bestemmia, oppure sono panteiste, come il bramanesimo e il buddismo o sono politeiste, come il paganesimo greco o romano, o sono idolatriche, come il culto degli astri o di Pachamama.  

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Gesù ci fa capire che la relazione del Padre celeste col Figlio divino non è, come presso di noi, un accidente che si aggiunge alla persona una volta che abbiamo generato. Infatti, prima di generare noi eravamo già persone. Non così per il Padre celeste, il cui generare non è un atto che sia stato preceduto dalla sua divinità non ancora paterna. Al contrario, Dio è Padre dall’eternità. Il suo generare coincide col suo stesso essere Dio.

Il Padre è per essenza relazione di paternità. La persona del Padre non ha la sua essenza in una sostanzialità precedente il generare, ma sta tutta nel suo generare. Il sostanziale in Dio non è il personale, ma la natura divina. Il personale è la relazione di paternità, di figliolanza e di ispirazione ed esser spirato (lo Spirito Santo).

Essendo Dio una singola sostanza spirituale, è naturale pensarlo come persona, ossia come soggetto intelligente e volente. Ma Cristo ci rivela un altro modo divino di essere persona, non sospettato dalla ragione e oggetto della rivelazione divina, giacchè se la ragione richiede l’affermazione di un Dio personale creatore, essa non ha il motivo di porre l’esistenza di un Dio personale trinitario, della quale pertanto sappiamo solo in base alla rivelazione cristiana.

 Immagini da Internet: Dio Padre tra gli Angeli, Filippo Quattrocchi, Cattedrale di Palermo

12 dicembre, 2024

Che cosa è la liturgia?

 

Che cosa è la liturgia?

https://musicasacra.substack.com/cp/152236451

La liturgia è un servizio pubblico

Liturgia è una parola che ha un’illustre storia ed un nobile significato. Deriva dal greco leiturghìa, parola composta da leitos=pubblico e ergon=lavoro. Leitos ha rapporto con laòs, popolo. Si tratta di un servizio pubblico, di un’opera a favore del bene comune. Presso i Romani il servizio sacerdotale è espresso con la parola ministerium o officium. Il sacerdote è un ponti-fex, il ponte di comunicazione fra l’uomo e Dio.

È insita nell’uomo la coscienza di aver peccato contro Dio e il desiderio di ricevere il suo perdono, per cui sente il bisogno di far qualcosa per placare l’ira divina ed ottenere grazia. La virtù che induce l’uomo a compere un’azione espiatrice, una expiatio, è la pietas, ossia la virtù di religione, per la quale l’uomo è pius, al contrario dell’impius, che disprezza questo dovere. 

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Il Concilio Vaticano II insegna che «la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» Costituzione Sacrosanctum Concilium, n.10).

Qui evidentemente la liturgia viene vista in stretta unione con la contemplazione, giacchè è questa il vertice di tutta l’azione della Chiesa. Infatti, la liturgia appartiene all’ordine del fare, è atto eccelso della virtù di religione ed è, come insegna San Tommaso (Summa Theologiae, II-II, q.81, aa.4-5), atto supremo della virtù di giustizia, per cui rendiamo a Dio quello che Gli è dovuto. 

Immagine da Internet