La concezione idealistica
del soggetto umano
Il metodo di Cartesio
Per dare fondamento al sapere si può sì iniziare col dubitare universalmente della verità; ma occorre immediatamente rendersi conto che ciò è impossibile, perché implica contraddizione. Infatti, se la verità non esiste, sarà vero che non esiste, giacchè non possiamo pronunciare alcun giudizio senza la convinzione che sia vero quello che diciamo. Inoltre, le prime certezze immediate della ragione e del senso sono indubitabili; dubitarne, anche qui supporrebbe far uso di quelle certezze per negarle.
Nell’acquistare il sapere il dubbio ha certo una funzione essenziale. Si chiama allora «dubbio metodico»: dubitiamo se una data cosa è vera o è falsa, se è buona o è cattiva e vagliamo le possibilità contrarie per vedere qual è quella giusta, che scioglie il dubbio, almeno in via opinabile o ipotetica. Ma è chiaro che per sciogliere il dubbio dobbiamo basarci su princìpi o premesse indubitabili. Giunti a questi princìpi, evidenti per se stessi, dobbiamo fermarci senza pretendere di cercarne altri precedenti, perché non può esserci un prima di ciò che è primo.
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Il voler dimostrare, quindi, come ha fatto Cartesio, ciò che è primo, come i primi princìpi del senso e della ragione, è cosa stolta e irragionevole, così come viceversa è stolto dare per evidente o punto di partenza ciò che è secondo o che è derivato. Mi riferisco all’autocoscienza. Essa non è il punto di partenza del sapere, ma è un sapere derivato dal vero punto di partenza, che è il contatto diretto con le cose esterne.
Anche le Confessioni di Sant’Agostino sono la narrazione della storia del suo spirito individuale: quale differenza però dal Discorso sul metodo e le successive Meditazioni metafisiche di Cartesio!
Nel testo agostiniano troviamo sì uno spirito che ha patito i suoi dubbi e le sue sconfitte; ma quanta abilità, quale linearità e forza d’argomenti in Agostino nel saperci condurre dalle tenebre alla luce e dal dubbio alla certezza!
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