La
dialettica hegeliana come apologia della doppiezza
Tu maledici l’uomo di doppia lingua
Sir
28,13
Se
una casa è divisa in se stessa,
quella
casa non può reggersi
Mc 3,25
Origine
della dialettica hegeliana
La
dialettica hegeliana è talmente nota, che basterà qui esordire ricordando
l’essenziale. Essa nasce in Hegel nell’orizzonte della sua impostazione
idealistico-panteista, che conduce alle estreme conseguenze l’idealismo nato da
Cartesio attraverso Kant, Fichte e Schelling. In Hegel questo filone di
pensiero si congiunge con la temperie del romanticismo tedesco come revival
della tipica sintesi di certezza ed angoscia caratteristica dell’anima
luterana.
Entrambi
questi filoni convergono verso una spiritualità fondata su di un assoluto
egocentrismo, per il quale Dio non è più il Tu davanti al soggetto, ma è l’Io radice
del soggetto. Sulla base di questo presupposto, Hegel, alla ricerca di un
accordo fra i due filoni, l’uno razionalista, l’altro emotivo, giunse alla
elaborazione della sua caratteristica «dialettica», che fu un novum nella storia della filosofia,
destinata ad avere un enorme successo – si pensi solo all’uso che ne fece Marx –
fino ai nostri giorni con l’improntare largamente di sé il modo di pensare e di
esprimersi nel linguaggio dell’attuale cultura relativistica dominante.
In genere,
la dialettica è un processo logico-linguistico, che avviene tra due opposti:
colui che afferma e colui che nega. Ma a quale scopo? Per cercare la verità,
s’intende. Senonchè però di per sé la dialettica, che è uno scambio o un
confronto di pareri o di opinioni, un dialogo tra due disputanti, non dà la
verità, ma solo l’opinione.
Alla fine
della discussione, infatti, la cui durata è stabilita in anticipo, come una
gara sportiva, i due contendenti tornano
ad avere le stesse idee che avevano alla partenza. Nessuno dei due ha imparato
dall’altro, tanto da dover cambiare idea. Ma allora a che cosa serve? Ad avvinarsi alla verità, la quale, con la
ripresa del dialogo, può essere comunemente raggiunta.
Lo schema
fondamentale della dialettica, che è l’arte del dialogo, comporta tre tappe o momenti:
apre il confronto uno dei dialoganti con una sua tesi affermativa. Segue la negazione
della tesi, ossia l’antitesi, ad opera dell’altro dialogante. Conclude, per il
momento, il primo, negando la negazione. Ma restano in piedi le due opposte
tesi, perché si suppone che il negante non sia soddisfatto degli argomenti dell’affermante,
che sono solo probabili, non dimostrativi. La conclusione dialettica, quindi,
può essere rimessa in discussione in un successivo dialogo o confronto.
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