Gott mit uns
Le origini della dottrina del nazionalsocialismo
Seconda Parte (2/5)
La coscienza soggettiva come regola della verità
Qui appare un concetto di coscienza come la «mia» coscienza alla quale Dio parla direttamente perché è in me. Vien meno il dovere della coscienza di informarsi e di adeguarsi ad una verità oggettiva esterna alla coscienza, sia essa umana o divina, correggendosi o ritrattandosi in caso di errore, perchè la verità è concepita come aderenza alla propria coscienza o, come dirà Kant, «coerenza dell’intelletto con se stesso».
La verità non è più adeguazione dell’intelletto al reale esterno, come aveva insegnato San Tommaso, ma rivelazione interiore dell’essere che appare a me, l’essere-per-me, l’essere-fenomeno di coscienza, come dirà poi Husserl e come espliciterà Heidegger quattro secoli dopo.
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Le origini prime del nazismo stanno in una concezione errata della coscienza sotto la spinta del volontarismo di Guglielmo di Ockham.
Il via a tale concezione è dato dalle famose fatali parole che Lutero pronunciò alla Dieta di Worms del 1521, quando dichiarò di non potersi ritrattare perché vincolato dalla propria coscienza della Parola di Dio.
Non era in gioco il principio che la coscienza errante è vincolante, già ammesso da San Tommaso, ma appariva la coscienza come principio assoluto di verità.
È il ritorno di Protagora dell’«uomo misura di tutte le cose», al quale già Platone obiettava che non è l’uomo ma Dio misura di tutte le cose.
Aristotele osserva che il sapere umano è misurato dalle cose o, se proprio vogliamo dire che le misura, possiamo riferirci all’operazione dell’agronomo, il quale facendo uso di un’unità di misura, misura l’ampiezza di un campo, impara quali sono le dimensioni di un campo.
Ma queste dimensioni non le ha fatte lui: c’erano già nel campo prima che lo misurasse.
Immagini da internet: Guglielmo di Ockham e Protagora
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