03 settembre, 2020

Il problema della coscienza di sé in Cartesio (Terza ed Ultima Parte)

 Il problema della coscienza di sé in Cartesio 

Terza ed Ultima Parte

IX. Bontadini critica Cartesio sulla base di Gentile

È interessante come Bontadini, nell’Introduzione al Discorso sul metodo[1], respinga  il realismo che resta in Cartesio, e gli opponga una gnoseologia basata  sull’identificazione dell’essere con l’essere pensato, propria dell’idealismo tedesco, ma che è già implicita nel cogito e che penserà Fichte a esplicitare.

Per Bontadini, infatti, come in fondo per Cartesio, il pensiero non è fondato sulle cose, sull’essere esterno al pensiero, ma, «il pensiero non ha bisogno di garanzie: esso è già per se stesso la garanzia del proprio valore, la propria misura, la propria fondazione»[2]. Il pensiero non dev’essere garantito da nulla, esso garantisce se stesso, esso si misura su se stesso, si fonda su se stesso.

Dunque il pensiero non si fonda sull’essere, non è relativo all’essere, non è misurato dall’essere. Non deve far capo a una realtà oggettiva ad esso esterna, che gli fa da regola di verità. Ma questo non è il nostro pensiero; è il pensiero divino! Ecco il terribile equivoco nel quale cade il «cattolico» Bontadini! Confonde il pensiero umano con quello divino!

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-problema-della-coscienza-di-se-in_3.html 

Il concetto di «realtà» (res extra animam o in rerum natura) non è un pallino della gnoseologia tomista o l’ingenuità di chi non è ancora entrato nel «sacrario della filosofia», per dirla con Bontadini, ma è un concetto originario, evidentissimo e spontaneo, insopprimibile, necessario ed universale, proprio della ragione come tale, noto a tutti fin dall’infanzia, senza bisogno d’esserne istruiti, appartenente a tutte le culture dall’indigeno dell’Amazzonia all’aborigeno dell’Australia, dalla massaia e dal pizzicagnolo ad Albert Einstein e Galileo Galilei. 

Immagine da internet

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