10 settembre, 2020

Luigino vuole che gli empi la facciano franca

 Luigino vuole che gli empi la facciano franca

Pecca fortiter et crede firmius

Questa volta Luigino Bruni, nell’articolo di Avvenire del 6 settembre scorso È Bibbia il nome del Padre, dopo aver demolito il cristianesimo nelle puntate precedenti mettendosi a «convertire» Dio perché sia buono, pretendendo di «cambiarlo» perché lo lasci in pace, respingendo il concetto di sacrificio espiatorio, facendo l’elogio della mezza perfezione e della sete di Dio inappagata, soffocando il rimorso d’aver tradito il suo «primo patto»,  vanificando il concetto della colpa, sostituendo la beatitudine d’oltretomba con la felicità di quaggiù e convinto, nell’ultima puntata, che Dio lo salvi anche se lui non vuol meritare, questa volta tenta di ricostruire il cristianesimo sulle sue macerie facendo ricorso alla sua più miserevole contraffazione contemporanea, un astutissimo espediente escogitato ipocritamente da quegli empi che vogliono farla franca senza incorrere nei castighi divini, ma anzi godendosi – in questa vita, non nell’altra che non esiste - le delizie della cosiddetta «misericordia» del Padre, il quale – come ci assicura Luigino – perdona non dopo il peccato, ma mentre si pecca. Egli dice infatti come per avvertirci di un errore: «pensiamo che le parole di resurrezione siano quelle che iniziano dopo i peccati, dopo i tradimenti, dopo le cattiverie, dopo le maledizioni».

Non è così – ci dice Luigino – ma la misericordia del Padre consiste nel fatto che Egli ci perdona non perché, avendo peccato, ci castiga col rimorso della colpa commessa, ci ispira il pentimento e il dolore per aver peccato e meritato il suo castigo,  ci ispira la volontà di chiederGli perdono e confessare il nostro peccato, la volontà di correggerci ed i emendarci, senza perderci d’animo, e di essere perseveranti nel nostro cammino di conversione, di far penitenza e di riparare le offese a Lui e al prossimo. 

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Il Ritorno del figliol prodigo è un dipinto a olio su tela (262x206 cm) di Rembrandt, databile al 1668 e conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.

Immagine da internet

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