L’antropologia di Karl Rahner
L’essenza
dell’uomo.
Rahner definisce l’uomo secondo la categoria della
spiritualità nella concretezza dell’esistenza e della storia, come soggetto
personale che plasma se stesso nella libertà. L’essenza dell’uomo, quindi, per
Rahner, è un’essenza «concreta», fattuale, storica, effetto di libera scelta,
diversa da individuo a individuo. L’uomo, quindi, per Rahner, non possiede una
natura universale, precisa, prefissata e definita con inclinazioni, finalità e
leggi precise e predeterminate, perché
ciò, secondo lui, ingabbierebbe la condotta umana in un determinismo ed in un
ventaglio di possibilità fisse, ripetitive e limitate come quelle dell’istinto
animale, mentre lo spirito apre l’attività umana ad un’infinità di possibilità
sempre nuove e diverse.
La definizione rahneriana dell’uomo più sintetica la potremmo trovare
laddove dice che “la natura dell’uomo è trascendenza e storia”[1],
definizione che risolve l’essenza dell’uomo nel suo agire spirituale, anche se
nella “storia” è possibile vedere un rapporto con la materia e col mondo. Ma
non appare l’unione del corporeo con lo spirituale, né appare lo specifico
dell’uomo, perchè una definizione del genere potrebbe andar bene anche per gli
angeli. L’idea di una natura umana universale sovrastorica ed immutabile sembra
a Rahner limitare e restringere l’uomo nell’orizzonte dell’animalità. Non si
rende conto che la finitezza e la determinatezza della natura umana e delle sue
leggi non pongono alcun ostacolo alle infinite libere realizzazioni dello
spirito, ma ne consentono al contrario le condizioni di possibilità.
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Karl Rahner
(immagine da internet)
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