23 ottobre, 2020

Luigino vorrebbe avere lo stesso nome di Dio

 Luigino vorrebbe avere lo stesso nome di Dio

Luigino fa un rovinoso ruzzolone

Luigino Bruni nel suo articolo Con lo stesso nome di Dio, pubblicato in Avvenire del 18 ottobre scorso, prosegue nel tessere le lodi di Dio commentando il Salmo 147:

«“Alleluia. È bello cantare inni al nostro Dio: è dolce innalzare la lode. Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi di Israele; risana i cuori affranti a fascia le loro ferite. … Intonate al Signore un canto di grazie, sulla cetra cantate al nostro Dio” (Salmo 147, 1-7). È bello cantare inni al Signore. È bello è buono lodare Jahvè, è bello e buono per Dio, ma è bello e buono anche per noi». «Dopo averci donato fin qui parole bellissime su Dio e su di noi, il Salmo termina lodando direttamente la parola, e l’Alleanza e la Legge che ne sono il culmine (147, 19-20). La parola è vista come un messaggio inviato per noi, una intelligenza che ci fa scoprire l’ordine e il senso della creazione: “manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce” (147,15). La parola è anche logos, è ragionamento e ordine. Israele ha stimato la parola in una misura altissima e per noi oggi incomprensibile. Ne ha fatto esperienza straordinaria con i Patriarchi, con Mosè e i profeti – “… e c’era soltanto una voce”. Dovendo rinunciare all’immagine di Dio, ha maturato un’immensa competenza sulla parola, ha dovuto imparare a disegnare Dio con le parole, ha scoperto mille dimensioni nascoste dentro la parola biblica e nelle parole umane».

Senonchè, però, Luigino sembra ricadere in quel suo concetto di «reciprocità» dei suoi articoli del maggio-giugno scorso, per la quale egli sente Dio come una persona alla pari di lui, con difetti e pregi come lui, un amico col quale realizzare uno scambio, un arricchimento e una correzione reciproci, dimenticandosi che se Luigino dipende da Dio, Dio non dipende da Luigino. 

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Il Nome divino è, secondo l’inno cristologico della Lettera ai Filippesi, «il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9), che Dio Padre riserva solo al Figlio. E quindi è solo al Figlio e non all’uomo che Dio Padre comunica il proprio Nome. 

Immagine da internet

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