31 gennaio, 2024

Trattato sugli Atti umani - P. Tomas Tyn - Lezione 7 (1/2)

 

 Trattato sugli Atti umani

P. Tomas Tyn

Lezione 7 (Parte 1/2)

P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 16 (A-B)

Bologna, 10 marzo 1987

http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm

Se vi ricordate bene, siamo sempre ancora nella quaestio 18, della I-II, una questione, non mi stancherò mai di ripeterlo, estremamente importante, perchè fonda la obbiettività della norma morale. Abbiamo visto le fontes moralitatis.

L’ultima volta abbiamo parlato, se vi ricordate, nell’articolo settimo, del rapporto che esiste tra il fine e l’oggetto. Abbiamo detto, con S.Tommaso, che là dove c’è un nesso tra il fine prossimo e il fine remoto, ebbene, la moralità che scaturisce dal fine remoto, dal fine dell’operante, è quasi generica rispetto alla moralità più particolare, che scaturisce dal fine dell’opera. 

Continua a leggere:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/trattato-sugli-atti-umani-p-tomas-tyn_31.html

 
 

Notate che a prima vista ogni buon moralista sarà portato a dire che un atto umano, un vero e proprio atto umano, indifferente, non ci può essere, per la ragione che abbiamo già detto, cioè che c’è una certa esigenza, una profonda esigenza, radicata nella stessa essenza dell’atto umano, in quanto è umano, cioè in quanto procedente dalla volontà deliberata, un’esigenza proprio in qualche modo connessa essenzialmente per se con la libertà dell’atto, e cioè l’esigenza di sottostare, di rapportarsi in un rapporto di obbedienza, di conformità, e di sottomissione, alla norma della legge morale.

Vale a dire che l’uomo, nell’atto umano, ha il dovere di autodeterminarsi secondo le determinazioni della verità del suo essere. Nella vita morale in qualche modo noi liberamente ci autodeterminiamo a quel bene al quale già siamo determinati metafisicamente.


Quindi, agire moralmente significa agire secondo le esigenze della ragione, di quella ragione che ci rivela l’obiettiva verità del nostro essere umano, delle finalità insite nella natura umana. Insomma la ragione in qualche modo ci rivela i contenuti della legge naturale. Questi contenuti sono imprescindibili, sono dati, non sono qualche cosa di fattibile. Quei contenuti ci sono dati una volta per sempre, checché ne dicano i nostri storicisti.

Quindi, in qualche modo, in ogni atto libero, la libertà stessa dell’atto esige per natura sua di riprodurre nella sua libertà ciò che è la determinazione dell’altra libertà, cioè della libertà creatrice, la liberà che ha determinato una volta per tutte la verità del mio essere umano nella sua essenza e nella sua natura, cioè nelle sue finalità basilari.

S.Tommaso dice in sostanza che certamente non c’è un’opzione fondamentale fatta una volta per tutte. Ma, all’inizio dell’agire umano, all’inizio dell’agire morale, nella presa di coscienza di sé, nel primo atto che l’uomo pone, questo ordine al fine ultimo dev’essere in qualche modo instaurato, c’è una certa esigenza, mentre negli atti successivi agisce l’ordine al fine ultimo.

E lo stesso fatto di non instaurarlo è già un disordine morale. E quindi lo stesso fatto di fermarsi a livello di fini intermedi, là dove c’è una esplicita esigenza di deliberare su tutta la vita e di ordinarla tutta in radice, questa assenza dell’ordine globale è già un che di deteriore. Così anche nella concretezza dell’atto umano c’è sempre questa esigenza di ordinare, anche cose banalissime, ordinarle almeno a qualche fine sensato. E così in individuo l’atto umano non potrà che essere o buono o cattivo. 

 

 

Immagini: Padre Tomas Tyn, Parrocchia San Giacomo fuori le Mura, Bologna

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