Chiunque è dalla verità ascolta la mia parola (Gv 18,37)
Prima Parte (1/3)
Ringraziamento a Dio per lo scampato pericolo
Giunto alla mia età di 84 anni mi accorgo di aver speso tutta la mia vita nella volontà di conoscere la verità e di metterla in pratica. Quando ero al liceo, nel lontano 1957, ricordo che il mio insegnante di italiano, un certo Franco Mollia un giorno in classe enunciò solennemente che «la verità non esiste» e che non ci sono verità definitive, ma che esiste solo il vero, secondo l’insegnamento di Gianbattista Vico, verum ipsum factum, il vero è ciò che ha fatto l’uomo, ciò che noi stessi facciamo. Non esistono verità sovrastoriche, ma soltanto la verità dei fatti storici.
Ricordo che queste tesi mi turbarono profondamente, sentii una profonda ripugnanza ad accettarle, rimasi sconcertato e scandalizzato, anche perchè mi venne il dubbio terribile che Mollia potesse aver ragione. Seppi poi che queste erano anche le tesi di Benedetto Croce, che allora aveva fama di grande maestro e filosofo.
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Gesù spiega a Pilato in che senso egli è re: re di un regno che non è di questo mondo, per cui non è venuto a contrastare il suo, anche se precisa che la sua autorità gli è stata data dall’alto. Ma qual è quel re o sovrano che dichiara che il suo ufficio è quello di rendere testimonianza alla verità (cf Gv 18,37)?
Che cosa capisce Pilato? Egli, nel sentire queste parole di Gesù, rimane certamente stupito e chiede a Gesù che cosa è la verità. Ma con che tono lo fa? Probabilmente non con sincerità d’intenzione, perché diversamente Gesù, nonostante la drammaticità della circostanza, si sarebbe fermato a dargli spiegazioni.
Immagine da Internet:
- "Che cos'è la verità", Gesù e Pilato, Nikolaj Ge, Mosca
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