La stoltezza del dubbio cartesiano
Prima Parte (1/2)
Non si può dubitare dell’indubitabile
Ogni uomo sano di mente sa ben distinguere con i sensi e l’intelletto le cose esistenti fuori di lui, indipendenti da lui, nello spazio e nel tempo, le altre persone, il proprio corpo, il mondo e quanto può essere relativo alla sua soggettività: sogno, allucinazione, illusione, sembianza, apparenza, invenzione, creazione, immaginazione, idea.
Anche gli animali sono istintivamente dotati di discernimento nel campo della sensibilità e sanno distinguere il reale dall’apparente, benché anche loro occasionalmente possano essere ingannati o conoscere il dubbio. Ma sanno benissimo di avere cose davanti a loro nello spazio e lo si vede dal fatto che, se il loro senso è sano, le cercano e ne fruiscono, come per esempio il cibo.
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Noi ci accorgiamo degli errori dei sensi utilizzando gli stessi sensi. Si può quindi parlare di errori dei sensi solo dando per scontato che il senso di per sé è verace.
Cartesio, quindi, fa una cattiva deduzione quando vuole estendere al senso in generale quella illusorietà che è propria di alcune ben precise esperienze sensibili, come quella del bastone apparentemente spezzato. È utilizzando il senso che io, tirando fuori il bastone dall’acqua, mi accorgo che non è spezzato.
Sarebbe impossibile raggiungere la certezza spirituale del proprio esistere, senza il presupposto della certezza iniziale del senso. Se non fossimo certi dell’esistenza e della conoscibilità delle cose materiali che ci circondano (la quidditas rei materialis della quale parla San Tommaso) e che noi stessi siamo, benché animati da un’anima spirituale, non potremmo esser certi di nulla e non potremmo uscire da questa incertezza, come già si accorsero gli scettici greci.
In realtà, noi non
scopriamo lo spirito direttamente come gli angeli, ma ne deduciamo l’esistenza con
fatica e rischiando l’errore, per analogia e per metafore, come causa e modello
di quelle realtà sensibili, che sono l’oggetto naturale iniziale del nostro
sapere. Qui non siamo differenti dagli animali. Già il neonato di tre mesi non
ha alcun dubbio dell’esistenza della poppa della madre dalla quale prende il
latte.
Immagini da internet
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