01 maggio, 2023

Trattato sugli Atti umani - P. Tomas Tyn - Lezione 1 (1/3)

 Trattato sugli Atti umani

P. Tomas Tyn

Lezione 1 (Parte 1/3)

P.Tomas Tyn, OP - Corso “Atti Umani” - AA.1986-1987 - Lezione n. 11 (A-B)

Bologna, 13 gennaio 1987 - Fine Ultimo n. 11 (A-B)

http://www.arpato.org/corso_attiumani.htm

Nella prima lezione di questo anno 1987 incominciamo il Trattato sugli Atti umani. Se vi ricordate bene, quasi, anzi senza quasi, tutto il primo trimestre abbiamo svolto l’argomento del Fine Ultimo, proprio perchè è assolutamente basilare per la fondazione stessa della morale. È la finalità che fonda ciò che è il rapporto dell’atto umano alla norma della legge.

La moralità, se è correttamente definita, si definisce appunto in questi termini: è la relazione trascendentale dell’atto umano alla norma della legge. Ebbene, sia l’atto umano che la norma morale derivano dalla finalità. Se l’ente non fosse finalizzato, non potrebbe costituirsi nè soggetto di azione nè sorgente di doveri. Solo tramite i fini ci sono sia le azioni sia ciò che l’azione deve avere, e deve possedere come pienezza dell’essere, che le è dovuta. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/trattato-sugli-atti-umani-p-tomas-tyn.html

 

La stessa padronanza, che l’uomo ha sul proprio atto, non è una padronanza assoluta, altrimenti saremmo proprio Dio stesso, in sostanza.

È questa la grande seduzione dell’antropologia, che può in qualche modo prevaricare in questo duplice modo. È molto, molto facile da intuire, questo duplice scoglio. Uno è lo scoglio del banale concretismo. Questo è uno scoglio. Esso consiste, diciamo così, nel non prendere in sufficiente considerazione la differenza tra il tipo di conoscenza umana e il tipo di conoscenza sensitiva, propria degli animali. È uno scoglio su cui si infrange assai spesso una buona parte della filosofia e, ahimè, anche della teologia contemporanea.

 

L’altro scoglio è altrettanto pericoloso, ed è lo scoglio di sopravvalutare la spiritualità umana. C’è certamente un’apertura infinita, proprio grazie all’astrazione. Anima est quodammodo omnia. Quando S.Tommaso dice questo, seguendo Aristotele, dice una verità profondissima. Cioè, in qualche modo, l’anima intellettiva, dotata di intelletto, diventa ogni ente, è ogni ente in potenza. Perchè non c’è nessun ente, che si sottragga all’intelligenza. 

Si sottrae purtroppo alla nostra intelligenza umana, nel senso che siamo legati ai sensi. Ma abbiamo in noi una facoltà che di suo supera gli stessi sensi. Quindi, in qualche modo non c’è ente, che si sottragga all’intelligenza.

Invece ovviamente la conoscenza sensitiva è anch’essa quodammodo omnia, ma omnia sensibilia. Cioè la conoscenza sensitiva è limitata all’insieme delle forme che sensibilmente si manifestano, all’insieme dei fenomeni, in sostanza. Invece l’intelligenza va al di là dei fenomeni stessi, si estende a ogni ente. Ecco perchè nell’uomo c’è questa dualità dell’oggetto formale proprio. Uno che gli compete, in quanto è semplicemente intelligente; e l’altro in quanto è intelligente, ma umano, razionale e quindi legato anche ai sensi.

Immagini da Internet: L'Onda, Paul Gauguin - Scogliera, Monet

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