29 aprile, 2023

Non omnes salvantur - Che cosa significa questa dottrina della Chiesa? - Seconda Parte (2/2)

  Non omnes salvantur

Che cosa significa questa dottrina della Chiesa?

 
Seconda Parte (2/2)

Dio offre a tutti la salvezza, ma è libero di fare le sue preferenze

Dio, nello scegliere i suoi eletti non fa preferenze di persone, ma è libero di preferire e prediligere chi vuole, non fa accezione di persone, perché non teme nessuna creatura né ha da ingraziarsi nessuno, non va a simpatie perché è sommamente imparziale ed equanime nel giudizio, non fa discriminazioni, perché è mosso da un criterio di discernimento sapientissimo, ma tratta tutti con giustizia e con giustizia proporzionale.

Dio sceglie coloro che salva. Suscita in essi lo stesso atto del loro libero arbitrio, per il quale loro a loro volta, sorretti dalla grazia,  scelgono Lui come fine ultimo della loro vita. Come dice il Concilio Vaticano II:

 

«Tutti gli eletti il Padre fino dall’eternità “li ha conosciuti nella sua prescienza e li ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinchè Egli sia il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29)» (LG 2).


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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/non-omnes-salvantur-che-cosa-significa_29.html 

 

Questo desidera Dio dall’uomo e a ciò Dio destina l’uomo, pur lasciandolo libero di scegliere. Non tanto i disobbedienti o gli ingiusti, quanto piuttosto gli innamorati infedeli sanno che cosa è l’inferno. L’inferno è la vendetta dell’amore tradito.

Questa forza terribile dell’amore è ben rappresentata dal sommo Poeta in questa terzina dell’Inferno che parla di una scritta posta all’ingresso dell’inferno: «Giustizia mosse il mio alto fattore, fecemi la divina podestate, la somma sapienza e ’l primo amore» (Inf., III, 4-6).

Il fuoco dell’inferno è la fiamma dell’amore divino odiata da chi odia l’amore. L’atteggiamento di Dio verso il dannato, più che essere quello del giudice soddisfatto e dell’offeso che si è vendicato, è quello dell’amate respinto.


La morte infernale è la paga dell’amore negato, è lo scotto di chi odia l’Amore. «Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco» (Ct 8,6). «Forte come la morte» vuol dire che il dannato subisce, nella fiamma dell’inferno, in cambio dell’amore tradito e abbandonato, la violenza della morte infernale, equivalente, alla rovescia, alla forza della fiamma dell’amore.

Tuttavia, come precisa il Cantico, «le grandi acque non possono spegnare l’amore, né i fiumi travolgerlo» (v.7). L’odio non può vincere l’amore. La morte non può né vincere né spaventare l’amore, che si acquista a prezzo della morte. È l’amore che accettando la morte, vince la morte e fa trionfare l’amore: Mors et Vita duello conflixere mirando: Dux Vitæ mortuus, regnat vivus.

 
Immagini da Internet:
- La porta dell'Inferno, William Blake
- Il bacio, Marc Chagall

4 commenti:

  1. Gent.mo Padre Cavalcoli, innanzitutto grazie per questo blog così ricco di sana dottrina e di cose che, purtroppo, oggi molti non dicono più. Vorrei chiederle un chiarimento in merito alla predestinazione. Gesù nel vangelo di Matteo ( Mt 22,14 ) dice:"molti sono i chiamati,pochi gli eletti". Secondo me il fatto che molti siano chiamati si riferisce alla dottrina dell'universale chiamata alla salvezza: tutti almeno ricevono la grazia sufficiente per salvarsi
    Pero pochi sono gli ELETTI perché non tutti sono predestinati da Dio stesso a conseguire con infallibile certezza la vita eterna, cioè non tutti ricevono la grazia cosiddetta 'efficace' che muove la volontà in modo infallibile a compiere l'atto salutare e salvifico ( pur rimanendo il libero arbitrio). Ovviamente coloro che non si salvano, sono responsabili della loro dannazione poiché hanno ricevuto almeno la grazia sufficiente per dire " si" a Dio. Coloro che si salvano devono ringraziare Dio per il dono della salvezza. Tutti ovviamente devono impegnarsi a seguire Gesù anche perché nessuno può sapere se è nel numero dei predestinati. Mi corregga se sbaglio. La ricordo nella preghiera. Pierpaolo P.

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    1. Caro Pierpaolo,
      mi complimento per l’esattezza della sua esposizione in questa materia così delicata ed importante, circa la quale purtroppo oggi non si parla quasi mai a causa della diffusione del buonismo, il quale, sostenendo che tutti si salvano, sopprime il problema alla radice. Ossia, per i buonisti, non ha senso porsi la domanda di sapere perché questo si salva e l’altro no.
      È vero che Sant’Agostino ci avverte dicendo che a questa domanda non c’è risposta. Ma non c’è risposta per noi. Dio, che sceglie questo e non l’altro, sa benissimo perché lo fa, ma non è dato a noi saperlo e quindi non dobbiamo chiedercelo, ma fidarci di quelle che sono le decisioni divine.
      Per quanto riguarda la sicurezza di salvarsi, il Concilio di Trento ci dice che non possiamo avere una certezza di fede, e tuttavia per chi ama il Signore esiste certamente una certezza morale, basata appunto sulla costante volontà di obbedire alla sua volontà.
      Ossia, io so che Dio vuole certamente la mia salvezza, ma non posso sapere con certezza di fede se mi salverò, perché chi si mette in testa una cosa del genere diventa un presuntuoso ed un imprudente e quindi è proprio colui che è più esposto a cadere. Invece la condotta ideale consiste nel saper creare un equilibrio tra la fiducia e il timore, cioè, sapendo che Dio ci ama, vivere nella speranza e nella carità e, conoscendo la nostra fragilità, avere un moderato santo timor di Dio.

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  2. Rev. Padre Cavalcoli, nel III Sinodo di Valence ( 855 ) il magistero ecclesiastico parla della predestinazione degli eletti alla vita affermando che " in electione salvandorum misericordia Dei praecedit meritum bonum ( D.322 ). Alla luce di questo e anche di altri interventi del magistero ecclesiastico non riesco proprio a comprendere come mai la Chiesa non abbia di fatto condannato la posizione di Molina che mi sembra vada ad eliminare lo stesso concetto di predestinazione in quanto questa diventa " post previsa merita". Cioe come nella riprovazione che avviene solo poiché Dio sa che le grazie che dona saranno utilizzate male e rifiutate. Quindi non c'è una predestinazione alla dannazione. Cosa dire ? Grazie. Pierpaolo P.

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    1. Caro Pierpaolo,
      la posizione di Molina è effettivamente tale per cui sembra che la volontà umana agisca per conto proprio indipendentemente dalla causalità divina.
      Molina afferma molto bene la questione morale per cui lui giustamente vede il rapporto dell’uomo con Dio come il rapporto tra due volontà. Egli inoltre ha presente la metafora biblica dell’Alleanza. Ma qui si tratta semplicemente di una metafora, perché se la prendiamo alla lettera si viene a mettere sullo stesso piano l’azione di Dio nei confronti dell’uomo con l’azione di un uomo con un altro uomo.
      Ora, mentre non ha senso credere che una volontà umana possa causare l’atto di un’altra volontà umana, è doveroso affermare che la volontà divina, che è causa di tutte le cose, causa e muove il nostro atto di libero arbitrio. La predestinazione suppone questa dottrina, che è un fatto metafisico, prima di essere un fatto morale.
      Ora, sembra che Molina non abbia capito questo fatto metafisico, per cui finisce per concepire il rapporto tra la volontà divina e quella umana alla stregua di due volontà umane.
      Ora, il Concilio di Valenza dice giustamente che, per quanto riguarda la riprovazione, essa è soltanto prevista da Dio e non causata, mentre Dio è la causa efficiente della salvezza.
      Molina, con la sua scienza media, ha quindi messo sullo stesso piano la riprovazione come la salvezza.
      Lei si chiede come mai la Chiesa non ha condannato la posizione di Molina. Essa è effettivamente condannabile, ma la Chiesa in certi casi, per motivi pastorali, può astenersi dal condannare. Tuttavia, il fatto che abbia preferito la dottrina di San Tommaso a quella di Molina, si può considerare come un segno implicito di condanna.

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