11 dicembre, 2023

Ateismo e salvezza - Nona Parte (9/10)

 

Ateismo e salvezza

Nona Parte (9/10)

  Il sacro

La lingua tedesca e la lingua ebraica hanno un solo termine, rispettivamente heilig e qadòsh, per esprimere i due concetti romani di sacrum, ossia ciò che attiene a Dio distinto da Dio, per esempio il sacramentum, in quanto opposto al prophanum, ciò che attiene al mondo, e di sanctum, ciò che partecipa di Dio stesso, ossia il sanctum, la grazia divina.

Heidegger mostra di avere un grande interesse per il sacro, ma non per il santo. Il sacro per lui è sì il divino e ciò annuisce e che prepara al divino, ma non è, per sua espressa dichiarazione, il sacro del cristianesimo, connesso al santo ed ordinato al santo, che è la grazia divina e Dio stesso. 

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Martin Heidegger

 

Notiamo che tutto il discorso heideggeriano, della differenza tra l’ente e l’essere, nulla ha a che vedere con la trascendenza dell’ipsum Esse riguardo agli enti, perché Heidegger dice chiaramente che ente ed essere si richiamano a vicenda e l’uno non può fare a meno dell’altro. Ciò dipende dal fatto che l’essere per Heidegger non è l’essere in sé indipendentemente da me (la cosa in sé è già stata abolita da Fichte), ma l’essere «fenomenologico», ossia l’essere-che-appare-a-me.

Heidegger ha inoltre preteso proporre una sua nozione della verità in contrasto con quella spontanea della ragione naturale illustrata da San Tommaso d’Aquino nella famosa formula adaequatio intellectus et rei, corrispondenza fra l’intelletto e la cosa, fra pensiero ed essere, fra ideale e reale. 

 

Va fuori strada sostenendo, contro Tommaso, che la verità appartiene all’essere prima che al giudizio.

Infatti San Tommaso fa notare che la nozione del verum non è necessariamente legata a quella dell’ens, che dice solo ciò che esiste, ma suppone il riferimento all’intelletto, il quale o adegua l’essere a se stesso in base all’idea formatrice (ecco i diritti dell’idealismo platonico!) oppure adegua se stesso all’essere, ed ecco la verità del sapere o del giudizio.

Per Heidegger il concetto o la rappresentazione (Vorstellung), come egli lo chiama, non coglie il reale; non lo raggiunge, non lo contatta: resta ad una certa distanza e tende a sostituire se stessa al reale; soltanto lo indica; è come un segnavia, un cartello indicatore, che indica la via giusta. Tuttavia, se per strada vediamo l’indicazione «Roma», non possiamo ancora sapere che cosa è Roma. Per saperlo, occorre esserci stati.

È sempre il vecchio errore, già implicito in Cartesio, per il quale conosciamo le cose a partire da Dio e non arriviamo a Dio partendo dalle cose.


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